Avanzamento del Pnrr al rallentatore: per la Corte dei Conti attuato solo il 13,4%

Salute sotto l'1%, progressi maggiori su digitale, transizione, infrastrutture. Peggiora il deficit delle regioni.

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Secondo il Rapporto 2023 sul coordinamento della finanza pubblica della Corte dei Conti, l’avanzamento del Pnrr va al rallentatore: a fine 2022 i 24,5 miliardi di spesa sostenuta dalle amministrazioni centrali titolari di misure del Pnrr «testimoniavano un avanzamento del 12,8%» considerando anche il progresso dei primi mesi di quest’anno, «il tasso di sale al 13,4%».

Se le prime 3 missioni (digitalizzazione, transizione energetica e infrastrutture), «evidenziano progressi più ampi, tutti superiori al 16%», le missioni 4 e 5 (legate all’istruzione e all’inclusione) presentano tassi di avanzamentovicini al 5%, mentre la 6 in tema di salute non raggiunge la soglia dell’1%.

L’analisi della Corte dei Conti parte da un «elemento centrale per apprezzare il livello di avanzamentonell’attuazione del Pnrr», cioè la spesa dichiarata come sostenuta dalle amministrazioni centrali titolari di misure. Sulla base delle informazioni al 4 maggio 2023, il valore complessivo di questa spesa si attestava a fine 2022 a 24,5 miliardi. Essa è associabile a 106 delle 285 misure previste, di cui 2 riforme e 104 investimenti. A ciò si è aggiunta, nei primi mesi del 2023, ulteriore spesa sostenuta per 1,2 miliardi, portando a 25,7 miliardi il livello complessivo.

A dare la misura del progresso finanziario del Piano è il confronto tra l’andamento della spesa sostenuta e il plafond di risorse a disposizione (191,5 miliardi). I diversi gradi di progresso che si evidenziano nelle varie missioni, si puntualizza nel rapporto, «non sono necessariamente emblematici di eventuali ritardi di alcune missioni rispetto ad altre: essi riflettono prevalentemente la diversa distribuzione temporale nella programmazione delle risorse all’interno dell’arco di vita del Piano. I tassi di avanzamento del Pnrr richiamati – spiega la Corte dei Conti – forniscono una “proxy” dell’importante sforzo finanziario richiesto nei prossimi anni per ciascuna missione e componente».

Le prime tre missioni, che sono caratterizzate da dimensioni finanziarie maggiori, evidenziano i progressi più ampi. Se dunque sulla digitalizzazione (missione 1), che vanta il tasso di attuazione più elevato (19,2%) restano da mettere a terra 32,5 miliardi a fronte dei circa 40,3 di risorse complessive, per la salute (missione 6) che ha il tasso più basso – nonostante la situazione di urgentissima necessità di investimenti – lo sforzo finanziariorichiesto nei prossimi anni è di 15,5 miliardi, ovvero poco meno dei 15,62 miliardi di risorse complessive per questa missione (sono stati messi a terra finora solo poco più di 111 milioni).

Sulla transizione energetica (missione 2), a fronte di 59,4 miliardi di risorse complessive, la spesa complessiva finora sostenuta è di quasi 11,1 miliardi e lo sforzo finanziario per prossimi anni è di 48,3 miliardi. Sulle infrastrutture (missione 3), che hanno un tasso di attuazione del 16,7%, restano da mettere a terra nei prossimi anni circa 21,13 miliardi (su risorse complessive per 25,4 miliardi).

Per la missione 5 inclusione e coesione, il cui livello di attuazione è al 5%, restano da spendere 18,8 miliardi a fronte dei 19,8 di risorse complessive. Infine per l’Istruzione (missione 4), con un avanzamento al 4,7%, restano da mettere a terra 29,4 miliardi sui 30,8 di risorse complessive.

Ripartendo poi il dato per anno, il Rapporto sull’avanzamento del Pnrr evidenzia che nel 2020 il livello della spesa sostenuta si è attestata a poco meno di 1,6 miliardi e riguarda principalmente gli interventi per la resilienza, la valorizzazione del territorio e l’efficienza energetica dei comuni (600 milioni) e quelli di rafforzamento delle infrastrutture ferroviarie e dei collegamenti ad alta velocità (oltre 930 milioni); nel 2021, il livello di spesa sostenuta ha raggiunto il valore di 5,7 miliardi, con un incremento annuale di 4,1 miliardi; l’aumento è dovuto al raddoppio di quella per investimenti ferroviari (passata a poco meno di 1,6 miliardi), nonché all’attivazione dei crediti d’imposta legati all’Ecobonus-Sismabonus (1,7 miliardi) e al piano Transizione 4.0 (1,1 miliardi), oltre agli investimenti in digitalizzazione e messa in sicurezza degli edifici scolastici (circa 0,4 miliardi).

Nel 2022, la spesa dichiarata come sostenuta ha registrato «un’ulteriore e consistente espansione», raggiungendo i 17,3 miliardi annui (+11,6 miliardi sul 2021). La variazione trova sostanziale spiegazione in 3 misure: il 45% dell’incremento è dovuto all’EcobonusSismabonus (con una spesa annua salita a 7 miliardi), un’ulteriore quota del 37% ai crediti d’imposta Transizione 4.0 (passati ad oltre 5,3 miliardi) e, infine, il 5% deriva dagli interventi di sostegno all’internazionalizzazione delle imprese attraverso il Fondo 394/1981 gestito da Simest (circa 534 milioni).

Ad andare male non c’è solo l’avanzamento del Pnrr, ma anche i bilanci delle regioni per la sanità che sono «in netto peggioramento», con un rosso in crescita che nel 2022 è arrivato a 1,4 miliardi. Per la Corte dei Conti «il risultato di esercizio, misurato quale differenza tra le entrate previste dallo Stato per la copertura dei LEA e le spese sostenute per l’assistenza sanitaria, si presenta in netto peggioramento. Le perdite crescono, passando dai 1.025 milioni di disavanzo del 2021 a poco meno di 1.470 milioni del 2022(erano 800 milioni nel 2020)».

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