Equo compenso: approvata definitivamente la legge di tutela dei professionisti

Voto quasi all’unanimità della Camera della proposta a prima firma Giorgia Meloni. Per autonomi va bene, ma serviranno modifiche.

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equo compenso

La giusta remunerazione per le prestazioni professionali (proporzionata, cioè, alla «quantità e alla qualità del lavoro svolto») entra nell’ordinamento, rafforzando un principio inserito nel 2017: l’Aula della Camera ha approvato definitivamente la proposta di legge a prima firma di Giorgia Meloni presentata ancora nella scorsa legislatura da FdI e Lega sull’equo compenso per i servizi resi ai clienti pubblici e privati.

La norma sull’equo compenso, al vaglio dei deputati in terza lettura, è stata approvata con 243 voti a favore, nessun voto contrario e 59 astensioni da parte del Pd; a dover applicare le norme per la corresponsione di adeguati emolumenti (fissati, per gli iscritti ad ordini e collegi, da appositi parametri ministeriali per le diverse categorie) le imprese bancarie e assicurative (e loro controllate e mandatarie), nonché le aziende con più di 50 dipendenti, o con un fatturato di oltre 10 milioni di euro, ma anche la pubblica amministrazione e le società disciplinate dal testo unico in materia di società a partecipazione pubblica. Escluse, invece, le prestazioni effettuate per «le società veicolo di cartolarizzazione e quelle in favore degli agenti della riscossione».

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Gli ordini e i collegi potranno sia sanzionare i loro iscritti che acconsentiranno a ricevere pagamenti con somme più basse dei minimi che saranno stabiliti, sia promuovere una “class action” per difenderli (opportunità, questa, che riguarda anche le rappresentanze dei professionisti riuniti in associazioni). È prevista, poi, l’istituzione presso il ministero della Giustizia di un Osservatorio sull’equo compenso per verificare la correttaapplicazione delle norme.

La norma sull’equo compenso va a sanare quanto successo a seguito dell’entrata in vigore delle “lenzuolate” dei decreti voluti dall’allora ministro all’industria Luigi Bersani, che con la legge 248/2006 aveva abrogato le disposizioni legislative e regolamentari che prevedevano l’obbligatorietà dei minimi tariffari definiti dai vari ordini e collegi professionali, aprendo così la stagione dei ribassi delle tariffe fino a giungere a situazioni paradossali come quelle di tante pubbliche amministrazioni che hanno chiesto prestazioni professionali a titolo gratuito o con un guadagno simbolico.

Soddisfatto il presidente del Consiglio Giorgia Meloni (primo firmatario del testo, insieme al deputato leghista Jacopo Morrone già nella scorsa legislatura), perché «si riconosce la qualità e la quantità del lavoro svolto dai liberi professionisti nei confronti dei cosiddetti contraenti forti, restituendo dignità e giustizia a tanti professionisti a cui per troppo tempo sono state imposte condizioni economicamente inique».

Il ministro del Lavoro, Marina Calderone, ha parlato di «una norma di civiltà», annunciando che «a breve» riprenderanno gli incontri del tavolo sugli autonomi nel quale si potranno «esaminare e proporre ulteriori interventi» sul testo normativo.

Plauso degli ordini riuniti in ProfessionItaliane (ma «occorrerà apportare modifiche» per rendere la legge più efficace) e del Consiglio nazionale dei commercialisti che auspica una «estensione delle tutele».

Per la deputata Fdi Carolina Varchi, relatrice alla Camera all’equo compenso approvato in via definitiva a Montecitorio «sappiamo che sul fronte dei minimi tariffari, sul fronte delle tariffe, la linea di confine si sposta anche in Europa e sappiamo che quello è un tavolo sul quale si giocheranno, nei prossimi anni, delle partite importanti, ma era necessario per noi far sapere, oggi, agli italiani, in un momento in cui la Nazione si rialza, dopo anni di stop economico, di stop sociale, che per questa maggioranza che sostiene il Governo Meloni, in Italia, le professioni non possono essere sottopagate».

Per Varchi «crediamo di rendere un buon servigio a quanti sapranno che un professionista che viene pagato in maniera equa è un professionista soddisfatto, è un professionista che lavora meglio, perché, mai come in questi settori, alla qualità della prestazione non può corrispondere anche la quantità della retribuzione».

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