Bianco & Nero: la verità sul Covid e i problemi del Pnrr

La gestione del Covid da parte del ministro alla sanità Speranza è stata fallimentare e improntata ideologicamente. Il Pnrr è stato scritto male e frettolosamente dal governo Conte 2 rendendolo di fatto impraticabile e foriero di colossali sprechi di denaro pubblico.

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In questa puntata del il “Bianco & Nero” di “ViViItalia Tv”, le riflessioni a ruota libera dell’esperto in comunicazione e analisi politica, Gianfranco Merlin, e del direttore della Web Tv e de “il NordEst Quotidiano”, Stefano Elena, si parte dalla gestione del Covid e dalla verità attorno alle modalità di gestione della pandemia fatte dall’allora ministro alla sanità, Roberto Speranza, che ha avallato procedure e sistemi che si sono rivelati poco utili e spesso controproducenti per la salute delle persone, oltre che aver causato inutilmente ingenti danni all’economia nazionale con limitazioni della mobilità delle persone con il sistema del “Green pass” e all’attività delle imprese.

Piano piano emerge anche la gestione decisamente poco trasparente dei contratti d’acquisto dei vaccini stipulatidalla Commissione europea con le case farmaceutiche e con la Pfizer in particolare, specie riguardo all’ammontare della spesa e al quantitativo di vaccini da acquistare, che sembrerebbe esteso anche per gli anni 2023 e 2024, quando la pandemia sembrerebbe già ampiamente sconfitta.

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Alto tema del “Bianco & Nero” è la gestione del Pnrr: quando il governo Conte 2 e la sua maggioranza grillopiddina ha predisposto la domanda di supporto finanziario alla Commissione europea ha fatto una sorta di minestrone di tutte le possibili voci di spesa, con l’obiettivo di agguantare tutta la posta in bilancio, circa 192 miliardi, quella che Conte e Di Maio ebbero a definire la “pioggia di denaro dall’Europa”, di cui solo un terzo a fondo perduto, mentre il resto è prestito da restituire in rate all’Unione a condizioni non ancora definite nel costo degli interessi. Ora, a due anni dalla domanda di finanziamento straordinario, emerge l’impossibilità di procedere in molti dei progetti che sono stati proposti al finanziamento, vuoi perché del tutto estranei alla logica del finanziamento – che dovrebbe essere dedicato al miglioramento delle infrastrutture e all’abbattimento dell’impatto ambientale delle attività umane nell’ambito della logica del “Green Deal” europeo – vuoi perché impossibili da completare entro il termine massimo del 2026, come le tante infrastrutture sparse sul territorio, alcune anche di dubbia utilità.

Il governo Meloni fa bene a rivedere in profondità i contenuti del piano abborracciato da Giuseppi Conte e dalla sua sgarrupata maggioranza, magari tagliando le tante, troppe proposte insulse e di piccolo cabotaggio, magari puntando anche ad una riduzione dell’ammontare dei finanziamenti richiesti, specie quelli a debito da restituire con gli interessi.

Non sarebbe una bestemmia se l’Italia facesse come altri paesi che hanno richiesto solo la quota a fondo perduto: sarebbero pur sempre una sessantina di miliardi da iniettare nel sistema economico, magari indirizzandoli prioritariamente alla realizzazione di infrastrutture, anche in considerazione del fatto che l’Italia è notoriamente incapace di spendere bene e rapidamente pure i fondi ordinari di coesione, con il risultato che i 145 miliardi di euro della programmazione 2014-2021 sono stati spesi, nel 2023, solo per il 49% del loro ammontare. Con la conseguenza che il rimanente, al 31 dicembre 2023, dovrà essere restituito a Bruxelles che li redistribuirà presso realtà più capaci nella spesa, con buona pace delle regioni del Mezzogiorno italiano sempre rapide nel chiedere risorse ma incapaci di spenderle presto e bene.

Buona visione de il “Bianco & Nero”.

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