L’allegro governo Conte 2 ideatore del Pnrr, il Piano nazionale di Ripresa e resilienza, poi modificato dal governo Draghi, finanziato dall’Unione europea con 191,5 miliardi, di cui 122,6 miliardi sono prestiti da restituire e i rimanenti 68,9 sono a fondo perduto, contiene una serie di misure che debbono essere realizzatecon un preciso cronoprogramma per poi potere autorizzare l’erogazione delle rate semestrali del fondo dal 2021 al 2026, ciascuna di 20 miliardi circa.
Il problema è che dentro il Pnrr c’è di tutto e il suo contrario, compreso un programma da 330 milioni di euro volto a sviluppare aree verdi in 14 città metropolitane mediante la piantumazione di alberi: 1.650.000 esemplari avrebbero dovuto essere fisicamente impiantati entro il 31 dicembre 2022, mentre altri 6.600.000 esemplari dovranno esserlo entro la fine del 2024.
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Il problema è che la scadenza della prima tornata di piantumazioni è trascorsa senza alcuna piantumazione effettiva, se non molto limitata e con effetti discutibili. Non solo: secondo le indagini ordinate dalla Corte dei conti e dai controlli effettuati dai comandi territoriali dei Carabinieri, emergerebbe come molti comuni interessati dal piano di piantumazione siano solo alla fase progettuale, mentre molti altri avrebbero inteso la parola “piantumazione” non tanto come la messa a dimora di piante già con un certo sviluppo vegetativo, ma dalla deposizione nel terreno di semplici semi, con gli accertatori che hanno sottolineato la sostanziale differenza tra piante già cresciute e le piante che nasceranno dai semi.
Di fatto, ancora una volta emerge la leggerezza con cui tante amministrazioni locali gestiscono i fondi del Pnrrche – è meglio ribadirlo – non sono regalati, con il rischio che tale superficialità metta a rischio l’erogazione della rata del secondo semestre 2022, che appunto tarda ad essere erogata.
Non solo la scadenza della piantumazione degli alberi: ad arrancare sono ancora i 12 obiettivi intermedi che l’Italia dovrebbe centrare entro il 31 marzo, che in caso di mancato raggiungimento andranno ad assommarsi agli ulteriori 15 da raggiungere entro la fine di giugno.
Non a caso, la premier Giorgia Meloni nel Consiglio europeo in corso oggi e domani punta ad una sostanziale revisione del cronoprogramma estendendolo fino al 2028 o, meglio, al 2030, prevedendo anche una riprogrammazione degli obiettivi del Pnrr. Altrimenti, il fallimento è quasi certo.
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