Balneari: dopo il Presidente della Repubblica, pure il Consiglio stato stoppa la politica

Con la sentenza del 1° marzo scorso, la massima magistratura amministrativa ha ribadito i contenuti della sentenza del 2021 che aveva imposto l’obbligo di gare pubbliche per il rinnovo delle concessioni.

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Il Consiglio di Stato mette la parola fine al tentativo della politica di non perdere la faccia dinanzi alla categoriadei balnearifetta di elettorato che Lega Salvini premier e Fratelli d’Italia hanno sempre blandito elettoralmentenegli utili anni, promettendole una sorta di salvacondotto rispetto agli obblighi delle gare pubbliche per il rinnovo delle concessioni in scadenza.

L’ultima sentenza è della sesta sezione del Consiglio di Stato pubblicata il 1° marzo scorso che, intervenendo su un ricorso presentato dall’Autorità garante della concorrenza (Agcm) contro il comune di Manduriaha di fatto dichiarato già illegittima la proroga delle concessioni balneari al 2024, affermando che «le disposizionilegislative nazionali che hanno disposto (e che in futuro dovessero ancora disporre) la proroga automatica delle concessioni non devono essere applicate». «Ci sono tutti gli elementi necessari per consentire alle amministrazioni di bandire gare per il rilascio delle concessioni demaniali», si sottolinea in un altro passaggio.

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Il nodo della proroga delle concessioni balneari resta sul tavolo del governo. Il Consiglio di Stato già con la sentenza 18/2021 si era pronunciato contro la validità delle concessioni balneariimponendo l’effettuazionedelle gare pubbliche entro il 31 dicembre 2023. Ma la decisione della maggioranza di centro destra e del governo Meloni di andare dritti sulla proroga delle concessioni balneari, mentre in un primo momento si era pensato solo a prorogare la legge delega, ha comportato l’irrigidimento di Bruxelles e soprattutto la contrarietàdel Quirinale con una clamorosa e netta rampogna da parte del presidente Sergio Mattarella in occasione della promulgazione con riserva della legge di conversione del decreto “Milleproroghe”, imponendo «a breve correzioni di Parlamento e Governo» del testo appena approvato.

Al momento il tavolo interministeriale, annunciato nei giorni scorsi, non è stato convocato. L’esecutivo sta valutando su come intervenire, soprattutto alla luce del nuovo richiamo non ignorabile da parte del Consiglio di Stato.

Una delle opzioni del governo è di inserire il capitolo delle concessioni balneari all’interno della legge di delegazione europea, il cui contenuto è limitato alle disposizioni di delega necessarie per il recepimento delle direttive comunitarie. Un altro strumento potrebbe essere quello di un decreto infrazioni che arriverà in Consiglio dei ministri a metà marzo. Meno probabile che si arrivi ad un decreto ad hoc. Per ora resta la prorogaluglio della delega al governo per realizzare la mappatura delle concessioni esistenti, ma l’esecutivo punta ad agire in tempi brevi.

La spinta delle forze politiche che hanno inserito nel “Milleproroghe” l’emendamento galeotto sulla prorogadelle concessioni è quella di avviare al più presto la mappatura di tutte le spiagge nazionali e solo dopo intervenire sulla materia. «Meloni si deve intestare una battaglia identitaria», dicono dalla Lega e da FI.

Peccato che Bruxelles abbia già fatto sapere che l’Italia deve recepire la direttiva Bolkestein inattuata dal 2006. Da tempo è avviato un confronto con la Commissione per convincere l’Europa a tener presente la necessaria mappatura delle coste italiane e a trovare una soluzione condivisa, nonostante sia già in calendario per il 20 aprile prossimo la sentenza della Corte di giustizia europea che dovrebbe chiudere ogni spazio di manovra per le richieste dei balneari, sulla scia di quanto deciso dal Consiglio di Stato.

Qualcuno azzarda l’ipotesi di un rinvio, qualcun altro nella maggioranza punta piuttosto a “disapplicare” con dei ricorsi le reiterate sentenze del Consiglio di Stato, ma nel governo non si nasconde la preoccupazione per un nodo che risolto rapidamente. Per almeno un paio di buoni motivi.

Il primo è costituito dalla sentenza della Corte di giustizia europea che, in caso di soccombenza, oltre ad obbligare l’Italia ad adempiere, ci sarebbe pure la condanna ad una multa milionaria. L’altro è che sono più di ottanta le infrazioni pendenti a carico dell’Italia che si sta confrontando con Bruxelles su diversi dossier, dal patto sulla stabilità al Pnrr, la cui erogazione delle rate rimanenti sono vincolate proprio al recepimento delle normative europee e all’avvio delle riforme.

Di fatto, Bruxelles tiene ben salda per le palle l’Italiaimpedendo alla politica fanfarona praticamente qualsiasiresidua libertà di manovra, con la necessità di non disattendere gli impegni presi con l’Unione Europea, anche al costo di scontentare più di una categoria.

balneari sono sul piede di guerra, con nessuna volontà di aprire alle aste delle coste italiane. La strada valutata dall’esecutivo, quella di dare il via libera alle gare fissando dei punti fissi in modo da favorire i concessionari, non è stata abbandonata.

Qualche politico, come il deputato di Fratelli d’Italia Zucconi, parla di «esproprio dell’azione politica»: «è evidente che questa posizione assume i connotati di un generale indirizzo ideologico. Il Consiglio di Stato vede astrattamente qualsiasi dipendente pubblico investito dell’arduo compito di valutare se le norme di qualsiasi livello siano o meno contrarie al diritto comunitario. Il rischio è che la produzione legislativa italiana venga affidata a tutti meno che ai rappresentanti del popolo e a governi democraticamente eletti, creando peraltro circuiti viziosi che rischiano di immobilizzare di fatto molti settori economici».

La politica si aggrappa al salvagente dell’articolo 12 della direttiva Bolkestein che si riferisce all’obbligo delle gare pubbliche in presenza di scarsità delle risorse. Di qui la spinta a catalogare tutto il panorama costieroitaliano, paese che s’affaccia su oltre 8.000 chilometri di costeisole comprese, per sminare l’obbligo, sorvolando sul fatto che molte di queste coste sono o irraggiungibili per mancanza di strade d’accesso, o impraticabili perché scogliere a picco sul mare o, ancora, prive di servizi legati all’ospitalità.

«Se verrà dimostrata dalla mappatura che in Italia c’è scarsità di risorse – argomenta Zucconi – allora si dovranno applicare senza dubbio le norme europee. In caso contrario, la Direttiva e le sentenze del Consiglio di Statobasate su evidentemente erronei presuppostiverranno a cadere. Occorre salvaguardare le imprese e posti di lavoro e superare l’accanimento di dell’Unione europea»

Sulla stessa linea il vicepresidente del Senato di Forza ItaliaMaurizio Gasparri: «la decisione del Parlamentoitaliano di tutelare le imprese balneari non deve rimanere priva di seguito. Mentre si annunciano decisioni della Corte di giustizia europea, ed altri organismi nel nostro Paese continuano a discettare in maniera fantasiosa, il Governo e il Parlamento devono assumere iniziative affinché la salvaguardia di un settore strategico, per la nostra economia, prevalga su interpretazioni errate ed infondate della direttiva Bolkestein o su decisioni cervellotiche di organismi italiani o internazionali. La direttiva Bolkestein non c’entra con le imprese balneari. La tutela della continuità di queste aziende è fondamentale per la nostra economia».

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