Flat tax, gli autonomi continuano ad essere più tassati dei dipendenti

Elaborazione della Cgia di Mestre: solo tra i 60 e 65.000 euro la tassa piatta è più conveninente.

0
1452
flat tax

Con l’innalzamento della flat tax fino a 85.000 euro di fatturato, gli autonomi continuano a pagare più tasse dei lavoratori dipendenti: solo nella fascia di reddito tra i 60.000 e i 65.000 euro, le partite Iva che si avvalgono della tassa piatta pagano meno.

Secondo l’Ufficio studi della Cgia, in tutte le altre comparazioni, vale a dire tra i 10.000 euro di reddito fino a 55.000 euro, gli autonomi pagano sempre molto più di impiegati e operai, con punte tra i 3.760 e i 3.875 euro all’anno nella fascia di reddito tra i 25.000 e i 30.000 euro, prelievo aggiuntivo che saleattorno ai 4.200 euro con redditi tra i 15.000 e i 20.000 euro. Se, poi, il confronto lo si fa tra i dipendentie i lavoratori autonomi che non applicano la flat tax, il maggior prelievo in capo a questi ultimi aumentaa dismisura, con punte, tra i 60.000 e i 65.000 euro di reddito, di oltre 6.000 euro all’anno.flat tax

La situazione cambia segno a partire dalla classe di reddito pari a 60.000 euro: in questo caso gliautonomi con flat tax subiranno nel 2023 un prelievo fiscale annuo inferiore ai dipendenti di 640 euro. Se la comparazione avviene con un reddito da 65.000, il vantaggio sale a 1.285 euro.

Il confronto tra queste due categorie professionali si ferma sulla soglia di reddito pari a 65.000 euro. Se si alza ulteriormente l’asticella, il volume d’affari del lavoratore autonomo, implicitamente preso in esame in questa elaborazione, supererebbe il tetto degli 85.000 euro, livello oltre il quale non è più applicabile la tassa piatta.

Quanti sono i potenziali lavoratori autonomi (ovvero artigiani, commercianti, liberi professionisti, consulenti, micro imprenditori, etc.) che con l’innalzamento della soglia di fatturato fino a 85.000 europotranno beneficiare del vantaggio fiscale garantito dall’applicazione della flat tax? Dalla elaborazione dei dati statistici delle dichiarazioni dei redditi 2021 (anno di imposta 2020), potrebbero essere al massimo140.000. Ovviamente, gli effettivi beneficiari del regime di favore saranno di meno, in quanto queste partite Iva oltre a non superare il limite di ricavi/compensi di 85.000 euro dovranno rispettare ulteriorirequisiti stabiliti dalla legge; tra cui, ad esempio, il non aver sostenuto spese per lavoro dipendente, accessorio o di collaborazione superiori a 20.000 euro.

Secondo i dati delle dichiarazioni dei redditi 2021 (anno di imposta 2020), i contribuenti in regimeforfetario ammontano a poco meno di 1.728.000. Secondo la Relazione tecnica allegata alla legge di Bilancio 2023, si stima che l’ampliamento delle soglie di ricavi/compensi per accedere alla flat tax previsto dal governo Meloni comporterà un costo aggiuntivo per le casse dello Stato di 404 milioni di euro all’anno.

Chi in queste ultime settimane ha gridato allo scandalo, pertanto, dovrebbe ravvedersi. Non solo perché nonostante la flat tax gli autonomi pagano più tasse dei dipendenti, ma anche perché la nuova versioneper l’anno 2023 potrebbe interessare al massimo solo 140.000 partite Iva (pari al 4,2% del totale del numero degli autonomi che attualmente non applicano la tassa piatta), con un costo per l’erario di “soli” 404 milioni di euro all’anno.

flat tax

Certo, l’obiezione di coloro che sostengono che con questo regime fiscale gli autonomi nonrispetterebbero le disposizioni previste dall’articolo 53 della Costituzione è legittima. Ma solo in parte, in quanto chi esercita un’attività di impresa e di lavoro autonomo si trova in una situazione completamentediversa dai lavoratori subordinati. Tesi, quest’ultima, che rafforza la posizione di chi chiede ad alta voce che a coloro che non viene applicata la flat tax (in Italia oltre un milione tra imprenditori e lavoratoriautonomi) bisognerebbe avviare quanto prima una progressiva riduzione del carico fiscale, visto cha dal confronto con i dipendenti registrano un prelievo nettamente superiore.

La fiscalità di vantaggio che interessa una parte delle partite Iva è ascrivibile al fatto che questi lavoratori sono più fragili degli altri. Hanno pochissime tutele: rispetto ai lavoratori dipendenti, ad esempio, non dispongono di malattia, ferie, permessi, Tfr e tredicesime/quattordicesime. In caso di difficoltàmomentanea non dispongono né di cassa integrazione né, in caso di perdita del posto di lavoro, di NASPI. E’ stato certificato che il rischio povertà nelle famiglie dove il reddito principale è riconducibile a un autonomo è superiore a quelle dei dipendenti. Ricordiamo, infine, che, secondo l’Istat, dal febbraio 2020 (mese pre Covid) fino a ottobre 2022 (ultimo dato disponibile), i lavoratori indipendenti (inclusi anche soci di cooperative, collaboratori familiari, etc.) sono scesi di 205.000 unità, mentre i dipendentisono cresciuti di 412.000. Insomma, chi fa impresa rischia e per tutelare coloro che intraprendono una sfida così impegnativa bisognerebbe mettere a punto un fisco più giusto e meno oppressivo.

Per rimanere sempre aggiornati con le ultime notizie de “Il NordEst Quotidiano”, iscrivetevi al canale Telegram per non perdere i lanci e consultate i canali social della Testata. 

Telegram

https://t.me/ilnordest

Twitter

https://twitter.com/nestquotidiano

Linkedin

https://www.linkedin.com/company/ilnordestquotidiano/

Facebook

https://www.facebook.com/ilnordestquotidian/

© Riproduzione Riservata