Teatro Ristori di Verona, il violoncello di Dindo per il terzo concerto della Stagione sinfonica

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Dindo Enrico 2 - credit Fulvia Farassino 1Sabato 23 e domenica 24 appuntamento con Haydn e Beethoven

Sabato 23 novembre 2013 alle ore 20.00, con replica domenica 24 novembre alle ore 17.00, terzo appuntamento al Teatro Ristori per la Stagione sinfonica 2013-2014 della Fondazione Arena di Verona. Il concerto vede nel duplice ruolo di direttore e solista al violoncello il M° Enrico Dindo, con una programmazione tutta dedicata ad Haydn e Beethoven.

Aprono la serata i Concerti per violoncello e orchestra Hob. VIIb: 2 in re maggiore e Hob. VIIb: 1 in do maggiore del compositore austriaco Franz Joseph Haydn. Nella sua trentennale carriera Haydn ha elaborato numerosi concerti per diversi strumenti, di cui tra i più pregevoli si annoverano i due proposti, composti mentre il musicista era al servizio degli Esterházy. Come sostiene il critico Mauro Mariani, questi concerti per violoncello, strumento fino a quel periodo piuttosto trascurato come solista, sono “degni del loro autore per inventiva, grazia, allegria, buonumore, spirito, serenità, vivacità”.

Il Concerto n. 2 in re maggiore è uno degli ultimi concerti composti da Haydn. Nato nel 1783, presenta notevoli differenze dal precedente Concerto n. 1 in do maggiore. Se in quest’ultimo prevale ancora la logica del concerto barocco, basata sulla contrapposizione tra solo e tutti, il Concerto in re maggiore mostra una più spiccata fluidità di scrittura e di idee che sembra derivare direttamente dai Quartetti composti appena due anni prima. Inoltre, nonostante il rinvenimento dell’autografo firmato e datato identificato a Vienna nel 1953, non è da escludere che il violoncellista degli Esterházy Anton Kraft, oltre ad essere molto probabilmente il destinatario del concerto, possa aver collaborato con Haydn alla stesura della parte solistica, estremamente virtuosistica e spinta fino ai limiti del registro acuto dello strumento.

Del Concerto n. 1 in do maggiore per violoncello, che lo stesso Haydn cita in un catalogo autografo delle proprie opere cominciato insieme a Joseph Eisser verso il 1765 (Enttaurf-Katalog), si sono perse le tracce fino al 1961, quando il musicologo ceco Oldrich Pulkert ne scoprì una copia manoscritta settecentesca tra la collezione Radenin al Museo Nazionale di Praga. Questa copia era appartenuta a Joseph Weigl, violoncellista dell’orchestra degli Esterházy dal 1761 al 1769, dato che fa supporre che Haydn abbia composto la partitura forse espressamente per lui in quegli stessi anni. Sebbene la parte per il violoncello solista sia meno impegnativa di quella del Concerto n. 2 in re maggiore, il Concerto n. 1 contiene passaggi di notevole difficoltà: «il virtuosismo è scintillante ma non ostentato, con un naturale equilibrio tra dimostrazione di bravura e interesse puramente musicale, mentre sono evitati quei contrasti accesi e drammatici tra solista e orchestra che saranno tipici del concerto ottocentesco» (M. Mariani).

Conclude il terzo concerto al Teatro Ristori l’esecuzione della Sinfonia n. 8 in fa maggiore op. 93 di Ludwig van Beethoven. Composta fra il 1812 ed il 1813 ed eseguita per la prima volta il 27 febbraio 1814 a Vienna, è la più breve delle sinfonie beethoveniane. Non è seria, solenne e maestosa come le altre composizioni del genio di Bonn, ma enigmatica e spiazzante. Vi si trova una vena ironica nella costruzione musicale, fatta di contrasti e stili espressivi differenti, ed una sensazione di ottimismo nel tema iniziale che attacca subito alla prima battuta senza la consueta introduzione. Questa sinfonia sembra guardare ad Haydn proprio per la sua vena ironica, che significa «disinganno estetico», distacco del compositore dalla sua creazione, così come la definisce lo studioso Mark E. Bonds: Beethoven sembra qui voler ridere di sé e del genere sinfonia, con un sentimento positivo e gioioso nei confronti della vita.