Comparto lattiero caseario: situazione molto complicata

Confagricoltura: «congiuntura internazionale del latte vaccino e ovicaprino con pochi precedenti». Cala il consumo di formaggi causa l’aumento del prezzo. 

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La situazione del comparto lattiero caseario sta attraversando una fase di forte volatilità: lo sostiene Confagricoltura facendo il punto su due settori, quello del latte vaccino e quello del settore ovicaprino.

«Quello del latte vaccino è un settore che riesce a salvarsi grazie all’export, ma bisognerà fare ancora tanti passi in avanti puntando sull’alta specializzazione che abbiamo costruito in questi anni in Italia -aggiunge Roberto Biloni, presidente di CremonaFiere -. L’altro settore importante che riteniamo faccia parte del comparto zootecnico è quello ovicaprino che vogliamo aiutare a cresceremettendo a disposizione il sistema di rete che a Cremona abbiamo creato includendo chiunque abbia voluto e voglia apportare idee di sviluppo».

Secondo Confagricoltura, «siamo di fronte a una congiuntura internazionale del comparto lattiero caseario con ben pochi precedenti: il latte manca e il suo prezzo continua a salire. Ma sono aumentati enormementeanche i costi di produzione e gli allevatori reagiscono cercando di contenere i costi, ad esempio riducendo il mangime acquistato ed eliminando le vacche meno produttive e a fine carriera». L’effetto, sostiene Confagricoltura, è una minore disponibilità di latte vaccino che subisce costanti aumentidi prezzo ed entro la fine dell’anno salirà alla stalla a 60 centesimi, il 40% in più̀ di un anno fa.

Ma se l’Italia vive quotidianamente il problema della produzione del latte vaccino, d’altro canto, sottolinea Confagricoltura, «può contare sul potenziale del settore ovicaprino, ancora sottovalutato e non sufficientemente inserito nelle politiche di programmazione e sviluppo a livello nazionale e territoriale nelle varie regioni italiane».

L’Italia ha un ruolo determinante nella produzione ovicaprina a livello europeo: è al primo postoper produzione di formaggi a base di latte di pecora, al terzo per la produzione di latte ovino dietro Grecia e Spagna e al settimo posto per la produzione di carni ovicaprine. Benché con circa 800 milioni di Euro di valore della produzione il comparto ovicaprino incida solo per poco più dell’1% sulla produzione agricola nazionale e il 4,4% del valore della produzione zootecnica, costituisce, specie per alcuni territori, un presidio essenziale e anche un elemento notevole per la crescita e l’occupazione di alcune aree vocate.

Un valore particolarmente rilevante assume per le produzioni Dop ed Igp: 18 formaggi Dop e Igprappresentano praticamente la metà della produzione complessiva di formaggi ovicaprini. Invece 3 Igp delle carni ovine rappresentano circa il 20% della produzione di carni ovicaprine nazionale.

Restano le preoccupazioni del comparto lattiero caseario che, secondo una nota ufficiale di Confagricolutra, permangono «sia in vista della chiusura dei bilanci aziendali, sia per le prospettive, sulle quali incombe la riforma della Pac in vigore a gennaio che andrà a diminuire progressivamente i contributi previsti».

Di fronte alla crisi emergente, secondo Confagricoltura, ci si domanda come reagiranno i consumatori nei confronti di un’inflazione crescente e una diminuzione del loro potere di acquistoe sui quali inevitabilmente viene riversata una quota parte dell’aumento dei costi che ha toccato anche l’industria di trasformazione e di distribuzione.

Il settore dovrà trovare un nuovo equilibrio, dal momento che in poco più di due anni il prezzo del latte è aumentato del 63%. I prezzi in aumento al consumo di prodotti lattiero caseari stanno disincentivando i consumi in quantità: sfiora il 3% il calo di formaggi e latticini nei primi nove mesidel 2022, mentre il carrello della spesa per latte e derivati è aumentato di oltre il 4%.

A ottobre, secondo l’Istat, i prezzi su base annua per formaggi e latticini sono saliti del +14,8%.Positivo invece l’export di formaggi e latticini, cresciuto in valore e in quantità. Il fatturato del settore del solo latte vaccino è di 16,7 miliardi di euro, incidendo per circa l’11% sul totale del fatturato industriale dell’agroalimentare, con una spesa delle famiglie annua dedicata al comparto di circa 21 miliardi di euro.

«La battaglia non si vince solo dicendo “No” al cibo sintetico, ma facendo una riflessione sui modelli nutrizionali – spiega Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura -. Per costruire economie di scala dobbiamo capire quale modello e quale filiera dobbiamo costruire per andare incontro al consumatore. Finalmente si inizia a discutere in Europa di scienza e di tecnica applicata, ma sui temi della sostenibilità ambientale dobbiamo necessariamente riflettere sul modello che ci viene richiesto. Ci sono realtà zootecniche che sono fortemente avanzate, hanno investito e diversificato anche i ricavi, contribuendo sul fronte ecosistemico. È in questa direzione che dobbiamo andare».

Intanto, il governo Meloni ha approvato modifiche al Codice della proprietà industriale, vietando la registrazione di marchi evocativi o usurpativi di indicazioni geografiche e denominazioni di origine protetta e protezione, e rafforzando il controllo preventivo rispetto al deposito relativo alle domande di brevetto potenzialmente utili per la difesa del Paese, accelerandone la procedura.

Le modifiche, spiega una nota del governo, punta al rafforzamento della competitività del sistema Paese e della protezione della proprietà industriale, nonché alla semplificazione amministrativa e alla digitalizzazione delle procedure in materia di titoli di proprietà industriale. Si prevede poi il ruolodi tutela del Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste per la tutela delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche, in assenza di Consorzi di tutela.

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