Il 25 ottobre si celebra la Giornata mondiale della Pasta con l’aumento record del +33% dell’esportazione di pasta italiana all’estero dove con le difficoltà economiche si riscoprono le qualità del piatto base della Dieta mediterranea.
Sono i tedeschi – sottolinea la Coldiretti – a spendere di più in assoluto per acquistare pasta dal Belpaese con un incremento del 31% nell’ultimo anno mentre al secondo posto si classificano gli Stati Uniti dove l’incremento è stato addirittura del +45% anche sotto la spinta dell’euro debole nei confronti del dollaro mentre al terzo posto la Francia con un incremento del 25%.
In Italia si producono 3,6 milioni di tonnellate di pasta, pari a circa 1/4 di tutta quella mondiale – sottolinea Coldiretti –, con 200.000 aziende agricole italiane impegnate a fornire grano duro di altissima qualità a una filiera che conta 360 imprese e circa 7.500 addetti, per un valore complessivodi circa 5 miliardi di euro. Nel corso del tempo sono aumentati esponenzialmente anche i formatidella pasta che sono ormai arrivati a quota 300, mentre alle varietà tradizionali si sono aggiunte quelle fatte con l’integrale, il senza glutine, quelle con farine alternative e legumi.
La crescita di export italiano di pasta va di pari passo con la crescita dei formati e delle varietà, che vede la riscoperta di grani antichi, riportando nel piatto il Senatore Cappelli, la Timilia, il Saragolla e altre varietà che hanno fatto la storia del Paese a tavola. Un fenomeno che ha favorito anche il moltiplicarsi di marchi di pasta che garantiscono l’origine nazionale al 100% del grano impiegato, impensabile fino a pochi anni ma ormai patrimonio di quasi tutti i principali marchi. Il risultato è che le vendite di pasta di grano garantito italiano sono cresciute del 14% in valore nei primi cinque mesi del 2022, secondo l’analisi Coldiretti su dati Ismea diffusi nella Giornata mondiale della Pasta.
L’Italia resta il paese con il più elevato consumo di pasta per un quantitativo di 23,5 chilogrammi a testa contro i 17 chili della Tunisia, seconda in questa speciale classifica seguita da Venezuela (15 kg), Grecia (12 kg), Cile (9,4 kg), Stati Uniti (8,8 kg), Argentina e Turchia a pari merito (8,7 kg) che testimoniano come questo tipo di prodotto abbia estimatori ad ogni latitudine.
«Ci sono quindi le condizioni per rispondere alle domanda di italianità dei consumatori ed investire sull’agricoltura nazionale che è in grado di offrire produzioni di qualità realizzando rapporti di filiera virtuosi con accordi che garantiscano compensi equi al di sopra dei costi di produzione – commenta il presidente della Coldiretti Ettore Prandini – L’esperienza ha dimostrato l’importanza di garantire la trasparenza dell’informazione per far crescere un settore simbolo dell’ Italia nel mondo».
A favore del successo globale della pasta il fatto di essere un alimento accessibile, facile da preparare e che mette d’accordo tutti, ma pochi conoscono il lavoro che c’è dietro ad un piatto di pasta, a cominciare dalla materia prima, che si ottiene dalla produzione agricola.
Produzione simbolo del “Prodotto in Italia”, secondo un’elaborazione del centro Studi di Confagricoltura, la coltivazione di frumento duro in Italia copre 1,26 milioni di ettari di superficie ed è la coltura più estesa nel Paese, con una produzione raccolta totale di oltre 3,9 milioni di tonnellate.
Tra le regioni con maggiore presenza degli ettari coltivati a grano duro rispettivamente Puglia(344.700 ettari e 688.000 t di produzione raccolta); Sicilia 272.405 ettari e 813.000 t) e Basilicata(115.236 ettari per 321.000 t), spiccano nella “top five” delle regioni italiane di produzione anche Emilia Romagna e Marche che, rispettivamente con 85.000 e 90.000 ettari, producono 375.000 e 467.000 tonnellate di frumento duro.
Alla luce della situazione determinata da questo particolare momento storico, secondo Confagricoltura è essenziale adattare la capacità produttiva italiana ai mutamenti climatici, intensificare in modo sostenibile le produzioni tramite investimenti materiali e immateriali affinché le imprese italiane producano di più e meglio, per soddisfare consumatori sempre più esigenti.
Ora più che mai, secondo Confagricoltura, si rende necessario far ricorso alla ricerca ed alle tecnologie ed il settore dei seminativi è uno di quelli che può avvantaggiarsi di più dalla innovazionein tutti i campi: dall’agricoltura di precisione al miglioramento genetico di ultima generazione.
Sono poi necessari nuovi protocolli per la definizione dei parametri di qualità, oltre che promuovere e garantire l’adozione di contratti di filiera sempre più chiari e trasparenti, così da rendere piùremunerativa la coltivazione del grano duro per tutti gli operatori.
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