La decarbonizzazione dell’acciaio passa anche dalla plastica

Il polimero “Bluair” brevettato da I.BLU, società del gruppo Iren, agisce come agente riducente nei forni elettrici in sostituzione del carbone e dei suoi derivati, dando un utilizzo alla plastica non riciclabile.

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decarbonizzazione dell’acciaio

C’è anche un polimero che deriva dalle plastiche miste post-consumo, che non possono essere avviate nei tradizionali circuiti di riciclo, tra gli strumenti che le acciaierie nazionali stanno usando per centrare i propri obiettivi di decarbonizzazione dell’acciaio. Il polimeroBluairbrevettato daI.BLU, società del Gruppo Iren, può essere usato nei forni elettrici come agente riducente in sostituzione del carbone e dei suoi derivati.

«Sono 15 le acciaierie italiane e 5 quelle europee che stanno utilizzando il nostro agente riducenteBluair” In questi mesi, dopo le iniziative storiche di Gruppo Feralpi e ABS – ha spiegato Roberto Conte, amministratore delegato di I.BLU al convegno di siderweb – abbiamo aperto altri campi prova, per esempio in ORI Martin e Duferco Italia Holding, ma anche in importanti gruppi europei in Spagna e Germania. Il tutto in una stretta interconnessione tra ambiente e riciclo, decarbonizzazione e sostenibilità dell’acciaio. Importante è anche la misurabilità degli effetti di questa soluzione, che è immediatamente disponibile: i dati rilevati ci dicono che l’uso di “Bluair” in sostituzione del carbone nel forno elettrico permette di ridurre del 30-35% le emissioni specifiche di CO₂. E ciò comporta un significativo beneficio anche dal punto di vista dei costi per l’azienda, per la riduzione dei costi direttie di quelli legati agli ETS».

Tra le acciaierie italiane che utilizzano “Bluair” c’è anche ABS. In tema di sostenibilità, lavicepresidente Anna Mareschi Danieli ha spiegato che «l’approccio è sempre agli aspetti ambientale, sociale ed economico. Pertanto, quando andiamo a proporre gli investimenti tecnologici cerchiamo di adattarli alle condizioni offerte dal territorio. L’obiettivo è fornire soluzioni reali ed efficaci, non elementi che facciano solo “green washing”. La vera innovazione viene percepita come tale da chi la deve poi applicare e ciò avviene solo quando c’è un autentico confronto».

Chi invece è in fase di test di decarbonizzazione dell’acciaio è ORI Martin. «La sperimentazione di “Bluair” – ha detto Roberto de Miranda, membro del Comitato guida – è durata cinque mesi. Abbiamo toccato con mano la riduzione delle emissioni. Sicuramente una delle difficoltà principali è riuscire a ripensare pratiche consolidate con nuovi approcci. L’obiettivo ora è mantenere la stessa produttività con la nuova materia prima. Stiamo valutando l’installazione di un nuovo forno a minor impatto ambientale – ha aggiunto – e che possa ottimizzare ulteriormente il recupero del calore di scarto. Un ulteriore passo sarà applicare il medesimo principio anche al calore del forno di preriscaldo e alle acque di raffreddamento del laminatoio».

Anche Duferco Italia Holding sta testando e usando la materia prima seconda circolare e brevettata. «La sostituzione dell’antracite con i polimeri ci permette di tagliare di un terzo il nostro “Scope 1” dell’acciaieria – ha spiegato a siderweb il presidente, Antonio Gozzi –. Per ora, su tre bruciatori, uno usa “Bluair”. L’obiettivo è quello di usarlo in tutti e tre». Ma, ha continuato, «la maggior parte del nostro “Scope 1” deriva dai forni di riscaldo. In attesa dell’idrogeno, che per ora non è ancora competitivo, abbiamo aderito con convinzione al consorzio “Green Metals” per la sua sostituzione parziale con il biometano». L’ambizione dell’acciaio, ha concluso Gozzi, è «non è essere carbon neutral all’orizzonte del 2030, ma diventare carbon negative. Sono molto fiducioso e questa fiducia deriva dalla conoscenza delle donne e degli uomini giovani che si stanno occupando della siderurgia italiana».

Per affrontare la crisi dell’energia, ha detto poi Luca Dal Fabbro, presidente del Gruppo Iren, «l’Europa e l’Italia hanno bisogno di una soluzione almeno a due dimensioni: garantire la sicurezza energetica, in particolare costruendo rigassificatori, potenziando il Tap, proteggendo il Transmed, perché non accada ciò che è successo al Nord Stream 1 e 2. La seconda questione è la competitività. L’industria energivora italiana ha bisogno di risposte immediate, con pacchetti di protezione ad hoc, e poi di misure strutturali; deve anche cominciare a pensare di entrare in progetti infrastrutturali, come si è fatto con l’Interconnector». C’è però poi una terza dimensione, che è «la sostenibilità. Non è un costo, è un’opportunità. Vinceranno le imprese che hanno il mix energetico più sostenibile, perché costa meno. È finita l’epoca delle risorse abbondanti».

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