Polenta: attenzione alle fumosinine

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Magnarustega 06 scodellamento polenta 1Lo studio di un ricercatore del CNR di Napoli sull’alimento simbolo del Nord Italia giudicato allarmistico da autorevoli tecnici del settore

L’alimento simbolo delle genti del Nord Italia, la polenta gialla, sarebbe una possibile fonte di rischio di cancro all’esofago. Secondo uno studio di un ricercatore del CNR di Napoli che ha individuato nella presenza di fumosinine, delle tossine che, in forti concentrazioni, possono indurre tumori all’esofago oltre a rallentare l’assunzione di acido folico, e ciò nelle gestanti diventa un grave fattore di rischio. Lo ha detto, in occasione del convegno organizzato dalla Fondazione per lo Sviluppo sostenibile e dal Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, Roberto Defez, primo ricercatore Consiglio Nazionale Ricerche, Istituto di Genetica e Biofisica del Cnr Napoli.

Nel suo intervento dedicato allo “sviluppo sost-edibile”, Defez ha ricordato che nel 2007 il Regolamento 1126 ha introdotto un tetto delle fumosinine nei prodotti alimentari, differenziando il valore nell’alimentazione destinata agli adulti da quella dei bambini. Secondo un’analisi effettuata dal ricercatore Cnr, “su 77 polente in commercio, la composizione di quelle da agricoltura biologica avrebbe un valore di fumosinine due volte superiore alla media”. Defez ha poi ricordato studi pubblicati che indicano Pordenone, dove la polenta rientra nelle abitudini alimentari locali, come la terza città in Europa per alta correlazione di tumori all’esofago, ma gli autori degli studi indicano anche come fattori di rischio le grappe, il caffe’, e la polenta quando è bollente.

L’allarme lanciato dal ricercatore napoletano è letto con scetticismo da molti suoi colleghi. Secondo Fulvio Mattivi, coordinatore del dipartimento qualità alimentare e della nutrizione della Fondazione Mach di San Michele all’Adige, “la polemica sulla polenta non esiste, è un fatto ricorrente perché la pericolosità delle fumosinine è nota da decenni. Si tratta di metaboliti prodotti da muffe che attaccano il mais”. Secondo Mattivi, il rischio, se tale si può considerare, “potrebbe insorgere solo in presenza di assunzione di 2.000 nanogrammi per chilo al giorno”, cosa che comporterebbe un consumo di polenta di almeno un paio di chili di polenta al giorno. Una situazione, al giorno d’oggi, praticamente impossibile da verificarsi, ma che una volta non era tanto infrequente.

Le muffe sono naturali e insorgono nel caso di cattivo immagazzinamento delle pannocchie senza rispettare adeguate norme igieniche.