Autonomia e presidenzialismo: le due sfide del futuro governo Meloni

Urzì: «Fratelli d’Italia è impegnata a realizzare la riforma del presidenzialismo e della maggiore autonomia». Franco: «servono binari paralleli, partendo da subito per l’autonomia». 

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Ad urne chiuse, Fratelli d’Italia brinda al clamoroso successo elettorale, specie al Nord Italia, dove ha travolto e sradicato la rappresentatività della Lega salviniana: il partito di Giorgia Meloni in cinque anni è passato dal 4% delle elezioni politiche del 2018 al 26% del 2022, mentre Matteo Salvini ha imboccato la strada del gambero al mojito, una retromarcia a zig-zag, passando dal 34% delle Europee del 2019 (e dal 17% delle politiche del 2018) al 9% scarso (8,7%) delle politiche del 2022, complice anche la sua abiura sul tema dell’autonomia, cavalcato solo sotto elezioni dopo 5 anni di dimenticanza.

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In questa puntata di “Focus” di “ViViItalia Tv”, l’esperto in comunicazione e analisi politica, Gianfranco Merlin, e il direttore de “il NordEst Quotidiano”, Stefano Elena, mettono a confronto due esponenti della politica: Alessandro Urzì, consigliere provinciale dell’Alto Adige e coordinatore di Fratelli d’Italia per il Trentino Alto Adige, eletto alla Camera dei deputati grazie ad una candidatura “parcadutata” nel listino proporzionale di Vicenza-Bassano, e l’ex senatore della Lega Nord Liga Veneta, Paolo Franco.

Durante l’intervista, il neo deputato Urzì commenta il clamoroso risultato elettorale di Fratelli d’Italia che a NordEst doppia e anche triplica il risultato della Lega salviniana, un successo che si basa anche sul programma politico che punta alla riforma costituzionale con la trasformazione in senso presidenzialistico dello Stato, che dà spazio alle richieste autonomistiche delle regioni.

Paolo Franco, commenta invece il tracollo elettorale di Matteo Salvini, il quale esce sì sconfitto, ma pur sempre forte di una pattuglia parlamentare di 96 eletti che rispondono esclusivamente a lui.

Certo, dinanzi alla netta e secca trombatura elettorale, il comportamento dei vari leader politici è differente: da un Enrico Letta che non supera la barriera del 20%, pur aumentando percentualmente dal 18% del 2018 a poco più del 19% del 2022, che anticipa il congresso del Partito Democratico annunciando la sua non ricandidatura alla segreteria; dall’altra un politico bolso come Matteo Salvini che non prende atto del risultato di cinque anni di politica traccheggiante e di mancata rappresentanza degli interessi politici ed economici del Nord Italia, che serra le fila dei suoi capibastone e punta a tirare avanti come se nulla fosse accaduto, nonostante che da parlamentari e consiglieri regionali, presenti e passati, si alzi sempre più forte la richiesta di un ricambio ai vertici del partito e un ritorno alle origini della Lega Nord.

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