Nuovo governo, primi 100 giorni con impegni da choc

Secondo la Cgia deve trovare almeno 40 miliardi, mentre nel 2023 arriverà la stagflazione, compromettendo ulteriormente l’economia nazionale. 

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Senza approvare alcuna misura promessa in questa campagna elettorale, il nuovo Governo italiano che scaturiràdalle elezioni del 25 settembre dovrà comunque trovare entro la fine del 2022 almeno 40 miliardi di euro. Di questi, 5 miliardi per estendere anche al mese di dicembre gli effetti contro il caro energia appena introdotti con il decretoAiuti ter” e altri 35 miliardi per consentire, attraverso la prossima legge di bilancio, che alcuni provvedimenti introdotti dal Governo Draghi non decadano con l’avvio del nuovo anno.

Secondo l’Ufficio studi della CGIA, il nuovo governo che “uscirà” dalle urne ha già una ipoteca da 40 miliardi di euro e sarà quasi impossibile mantenere, almeno nei primi 100 giorni, le promesse elettorali annunciate in questi ultimi due mesi; come, ad esempio, la drastica riduzione delle tasse, la riforma delle pensioni, il taglio del cuneo fiscale, etc.

Senza contare che se il nuovo inquilino di Palazzo Chigi vorrà intervenire con ulteriori provvedimenti per mitigareil caro energia saranno necessari, come da tempo sottolineano gli artigiani mestrini, altri 35 miliardi di euro per ridurre di almeno la metà i rincari che si sono “abbattuti” quest’anno su famiglie e imprese. E a questi vanno aggiunti i circa 20 miliardi necessari per coprire la perequazione delle pensioni a causa del forte aumento dell’inflazione.

Entro il 27 settembre sarà il governo uscente a presentare la Nota di aggiornamento al documento di economiae finanza (Nadef), mentre spetterà al nuovo governo – sempre che riesca a formarsi entro questa data, ma è molto più probabile che sia ancora quello Draghi ad operare – redigere entro il 15 ottobre il Documento programmaticodi bilancio (Dpb) ed entro il 20 ottobre il disegno di legge di bilancio. Scadenze, queste ultime due, che quasi certamente non potranno essere rispettate, visto che la prima seduta delle nuove Camere è stata fissata il 13 ottobre.

Anche approvare in tempo la finanziaria 2023 non sarà facile: per legge il voto definitivo deve avvenire entro il 31 dicembre, altrimenti scatta l’esercizio provvisorio. Pertanto, i tempi a disposizione sono strettissimi e non sarà facile trovare le tutte le risorse per confermare anche per il 2023 molti provvedimenti introdotti dal governo Draghi. Esse sono:

quasi 15 miliardi di euro per rinnovare nel primo trimestre le misure contro il caro energia previste dal decreto “Aiuti ter”;

almeno 8,5 miliardi di euro per indicizzare le pensioni;

almeno 5 miliardi per il rinnovo del contratto del pubblico impiego;

4,5 miliardi di euro per lo sconto contributivo del 2% a carico dei lavoratori dipendenti con reddito fino a 35.000 euro;

2 miliardi di euro di spese indifferibili.

Il pericolo che l’economia italiana scivoli lentamente verso la stagflazione è molto elevato. Questo fenomeno, ai più sconosciuto, si manifesta quando ad una crescita economica tendente allo zero, o addirittura negativa, si affianca un’inflazione molto alta, che fa aumentare in misura molto preoccupante il tasso di disoccupazione.

Uno scenario che potrebbe verificarsi nei primi mesi del 2023 anche in Italia, così come già è successo nella seconda metà degli anni ’70 del secolo scorso.  Gli effetti della guerra in Ucraina, l’aumento dei prezzi delle materie prime e dei prodotti energetici rischiano, nel medio periodo, di spingere l’economia verso una crescita pari a zero, con una inflazione che si avvierebbe a toccare le due cifre.

Contrastare la stagflazione è un’operazione estremamente complessa. Per invertire la spinta inflazionistica, gli esperti sostengono che le banche centrali dovrebbero contenere le misure espansive e aumentare i tassi di interesse, operazione già in corso che provocherà la diminuzione della massa monetaria in circolazione. E’ evidente che avendo un rapporto debito/Pil tra i più elevati al mondo (ad agosto ha raggiunto quota 2.770 miliardi di euro), con l’aumento dei tassi di interesse l’Italia registrerebbe un deciso incremento del costo del debito pubblico. Inoltre, bisognerebbe intervenire simultaneamente almeno su altri due versanti: in primo luogo, attraverso la drastica riduzione della spesa corrente e, in secondo luogo, con il taglio della pressione fiscale, unici strumenti efficaci in grado di stimolare i consumi e per questa via alimentare anche la domanda aggregata di beni e servizi. Operazioni, queste ultime, non facili da applicare in misura importante, almeno fino a quando non sarà “rivisto” il Patto di Stabilità a livello europeo.

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