Auto aziendale ed elettrica: boomerang per i conti delle aziende e per l’ambiente

Rivedere la fiscalità sarebbe una leva per sostenere un mercato asfittico e recessivo. L’elettrico non aiuta né l’economia, né l’ambiente.

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auto aziendale

Alcuni spettatori ci chiedono di tornare sull’argomento dell’auto aziendale e della convenienza dei modelli elettrici ed ibridi: “Lo Schiacciasassi” li accontenta in questa puntata, andando a vedere cosa bolle nel pentolone governativo. Nulla di buono, putroppo.

L’attuale stagione degli incentivi all’acquisto di auto nuove ha previsto ingenti bonus per l’acquisto dell’auto completamente elettrica (benefici amplificati anche a livello regionale), bonus meno ricchi ma sempre interessanti per l’auto ibrida ricaricabile e quattro denari subito esauriti per i modellitradizionali” con motore termico a ridotte emissioni, vincolati di fatto a basse cilindrate e dimensioni. Quando la soluzione migliore sarebbe stata l’abbattimento dell’Iva del 22% al 10 o al 5% per due-tre anni per rilanciare strutturalmente il settore, garantendo la neutralità tecnologica delle scelte degli acquirenti.

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Ora, nel campo della fiscalità sull’auto aziendale l’Italia invece di entrare in Europa è caduta nel medioevo feudale rimasto alla notte dei tempi, visto che le soglie ordinarie di deducibilità continuano ad essere derogate da oltre trent’anni, con limiti continuamente ridotti (attualmente solo il 40% dell’Iva pagata e il 20% di un tetto di poco più 18.000 euro di valore d’acquisto ripartito in quattro anni). Con un’evidente lesione della concorrenza e della competitività delle aziende italiane nei confronti dei loro concorrenti d’oltre frontiera, che possono dedurre integralmente i costi d’acquisto (senza alcun tetto) e di gestione (in Italia anche questi limitati a soglie irrisorie).

Le aziende hanno puntato sugli acquisti incentivati di auto aziendale ibrida ricaricabile, dando all’ambiente e ai costi aziendali maggiori oneri, perché la batteria ricaricabile a bordo auto che assicura solo qualche decina di chilometri di percorrenza tutto elettrico non viene mai ricaricata e il motore (che quasi sempre è a benzina) assicura consumi ed emissioni maggiori rispetto ad un similare modello a gasolio, con in più lo svantaggio che un singolo automobilista viaggia sempre con almeno altre due persone virtuali a bordo causa il peso aggiuntivo della batteria (circa 150 kg).

Quanto ai veicoli totalmente elettrici, poi, il costo dell’energia li ha resi anti competitivi sul lato delle spese di gestione, mentre sul fronte dell’acquisto nemmeno i ricchi incentivi pubblici riescono a renderli competitivi rispetto ai modelli similari termici. A pesare negativamente, oltre al costo dell’energia e al fatto che questa è in Italia prodotta al 60% da fonti fossili, c’è il problema della disponibilità dei punti di ricarica, specie quelli ad alta potenza, gli unici in grado di assicurare il “pieno” di chilowattora in circa mezz’ora. Il problema è proprio questo: a fronte dei 5 minuti necessari per fare 50 litri di gasolio che assicura mediamente 900-1.000 km di autonomia, oggi nel migliore dei casi un pieno elettrico assicura 400-450 km reali. Oltre alla necessità di più soste per completare un viaggio, l’alea più grande è legata alla disponibilità immediata del punto di ricarica, che spesso è occupato da altri utenti. Se solo c’è un altro utente che ha appena iniziato a fare il pieno elettrico, ciò significa mettere in contro una sosta di almeno un’oretta prima di riprendere il viaggio. Decisamente troppo.

Tutti questi problemi verranno risolti con l’avvento entro tre-quattro anni di batterie con nuovi processi chimici, in grado di offrire, a parità di peso, decisamente più autonomia e velocità di ricarica, oppure riducendo, a parità di autonomia odierna, il peso dimezzando le tare odierne di circa 700 kg per una batteria di capacità medio-grande rispetto ai 50 kg di un serbatoio di carburante. Avvento che segnerà anche la forte svalutazione dei veicoli elettrici dotati di batteria tradizionale. Ne vale ancora la pena?

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