Gli italiani cambiano le abitudini di consumo alimentare sotto la spinta del caro prezzi che taglia del 3,2% gli acquisti, ma che sono costretti a spendere il 3,6% in più a causa del caro prezzi determinato dalla crisi energeticae delle materie prime: il dato emerge da un’analisi Coldiretti relativi ai primi sette mesi del 2022 su dati Istat relativi al commercio al dettaglio a luglio che su base annua fanno registrare una diminuzione delle quantità di beni alimentari acquistate, in controtendenza rispetto ai beni non alimentari.
L’impatto dell’inflazione è evidente dal fatto che in controtendenza – sottolinea la Coldiretti – volano gli acquisti di cibo a basso costo con i discount alimentari che fanno segnare nei primi sette mesi un balzo del +9,6% nelle vendite in valore, il più elevato nel dettaglio. Il risultato dei discount – precisa la Coldiretti – evidenzia la difficoltà in cui si trovano le famiglie italiane che, spinte dai rincari, orientano le proprie spese su canali a basso prezzorinunciando anche alla qualità e favorendo le importazioni di alimentari dall’estero, specie nelle catene discountestere.
Più di un italiano su due (51%) ha cambiato le abitudini di consumo tagliando la spesa nel carrello a causa dell’aumento record dei prezzi trascinato dai rincari energetici e dagli effetti della guerra in Ucraina che riduce il potere d’acquisto dei cittadini, oltre ad un altro 18% di cittadini dichiara di aver ridotto la qualità degli acquisti, costretto ad orientarsi verso prodotti a basso costo per arrivare a fine mese, mentre un 31% di cittadini non ha modificato le abitudini di consumo.
Gli italiani – sottolinea la Coldiretti – vanno a caccia dei prezzi più bassi e delle offerte anche facendo lo slalom nel punto vendita, cambiando negozio, supermercato o discount alla ricerca di promozioni per i diversi prodotti. Accanto alla formula tradizionale del 3×2 ed ai punti a premio, si sono moltiplicate e differenziate le proposte delle diverse catene per renderle meno confrontabili tra loro e più appetibili ai clienti: dalle vendite sottocosto che devono seguire regole precise ai buoni spesa.
A rischio alimentare ci sono soprattutto gli oltre 2,6 milioni di persone che in Italia – evidenzia Coldiretti – sono costrette a chiedere aiuto per mangiare con i pacchi dono o nelle mense di carità e rappresentano la punta dell’iceberg delle difficoltà in cui rischia di trovarsi un numero crescente di famiglie a causa dell’inflazione spinta dal carrello della spesa per i costi energetici e alimentari. Una situazione decisamente poco degna per la seconda realtà manifatturiera d’Italia e una delle prime sette del mondo.
Una situazione destinata ad esplodere in autunno, colpendo una filiera agroalimentare vale 575 miliardi di euro, quasi un quarto del Pil nazionale, e vede impegnati ben 4 milioni di lavoratori in 740.000 aziende agricole, 70.000 industrie alimentari, oltre 330.000 realtà della ristorazione e 230.000 punti vendita al dettaglio. A pesare in agricoltura i pesanti aumenti dei costi che vanno dal +170% dei concimi al +90% dei mangimi al +129% per il gasolio, ma aumenti riguardano l’intera filiera alimentare con il vetro che costa oltre il 30% in più rispetto allo scorso anno, oltre ad essere praticamente introvabile, con il risultato di mettere a rischio interi settori produttivi, ma si registra un incremento del 15% per il tetrapack, del 35% per le etichette, del 45% per il cartone, del 60% per i barattoli di banda stagnata, fino ad arrivare al 70% per la plastica.
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