Accesso ai posti pubblici per chi non ha la cittadinanza italiana: una sconfitta per i cittadini disoccupati

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sergio-berlato-ilnordestIl governo, su iniziativa del ministro Kyenge, recepisce con un decreto la normativa europea. Berlato: “un provvedimento inopportuno e discriminatorio vero i disoccupati italiani”

Nonostante l’Italia vanti una disoccupazione ufficiale di oltre 12 punti percentuali, con punte anche triple tra i giovani, il governo Letta, su proposta dell’infaticabile ministro progressista all’integrazione Cecile Kyenge, non trova di meglio che applicare con insospettato tempismo una direttiva europea modificando la legge per l’accesso al pubblico impiego (legge numero 97 del 6 agosto) che prevede, a partire dal prossimo quattro settembre, che chiunque abbia un permesso di soggiorno di lungo periodo o sia riconosciuto come rifugiato politico potrà avere accesso ai concorsi per posti di lavoro nella pubblica amministrazione.

“In un momento di crisi come quello attuale, in cui ci sono più di tre milioni di Italia senza lavoro, non ritengo che la legge approvata in questi giorni, frutto di proposte del ministro dell’integrazione Cecile Kyenge, sia in alcun modo opportuna, sostanzialmente infatti potrà essere assunto nella pubblica amministrazione anche chi non ha cittadinanza italiana” sbotta l’eurodeputato azzurro Sergio Berlato, secondo il quale “il ministro Kyenge aveva anticipato nel suo sito personale questa volontà già da un po’ di settimane e aveva anche precisato che ‘serve una legge organica sul diritto di asilo. Questa è una delle proposte che intendo portare avanti che sarà la garanzia di accesso per i migranti ai posti nella pubblica amministrazione, su esempio di ciò che furono le americane affermative action, politiche già applicate in Gran Bretagna’”. Insomma, un disegno preordinato ad aprire indiscriminatamente il suolo nazionale e i posti di lavoro a frotte di nuovi “soggiornanti” che faranno un’odiosa concorrenza ai tanti cittadini italiani disoccupati. Visto che a pensare male si fa peccato, ma spesso andreottianamente ci si azzecca, Berlato butta lì l’ipotesi che “se le affermative action sono in realtà misure di tutela per le minoranza, il prossimo passo che ci dobbiamo aspettare è una sorta di ‘corsia preferenziale’, una quota di posti di lavoro bloccata per chi appartiene a una minoranza? Se così fosse, non pensiamo accettarlo, il metodo di selezione dell’accesso ai posti pubblici deve essere meritocratico e in questo momento la nostra priorità è garantire il lavoro ai nostri cittadini disoccupati, che sono tre milioni”.