Equo compenso ancora in alto mare

Il mondo dei professionisti diviso sull’approvazione in seconda lettura di una legge decisamente migliorabile. 

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Adepp Professionisti non ordinistici

La proposta di legge sull’equo compenso in discussione in seconda lettura – dopo essere stata approvata dalla Camera – al Senato torna a dividere il mondo delle professioni, tra il mondo degli ordini che la sostengono intendendola un primo, tuttora insufficiente passo verso la tutela del mondo dei lavoratori autonomi altamente qualificati e le critiche delle rappresentanze sindacali che lo ritengono punitivo proprio per gli stessi professionisti.

Base della norma una serie di tutele dei professionisti nei confronti di clientiforti”, quelle realtà costituite da banche, assicurazioni, pubbliche amministrazioni, imprese medio grandi, società pubbliche che si rivolgono ai professionistioffrendo loro condizioni poco rispettose del loro ruolo e della loro qualificazione ed esperienza, a partire dal riconoscimento economico.

Il punto nodale di tutta la vicenda è la determinazione delle tariffe eque, che tengano conto delle ore di lavoro spese per la prestazione richiesta, che oggi, troppo spesso, vedono una drammatica corsa al ribasso, trattando il professionista peggiodi un operaio. Se prima delle liberalizzazioni bersaniane gli ordini professionali stilavano una serie di tariffari minimi che consentivano un riferimento tendenzialmente equo sia per i committenti che i prestatori del servizio richiesto, dopo è arrivata la giungla, dove ha prosperato la legge del più forte, con retribuzioni irrisorie rispetto alle ore di lavoro impegnatee, spesso, anche alle responsabilità professionali con alcune prestazioni, responsabilità che spesso comportano la stipula in capo al professionista di costose coperture assicurative che rimangono a carico suo, senza possibilità di ribaltare i costi sul committente.

Per Confprofessioni «il testo approvato alla Camera rende inattuabile un diritto che si vorrebbe proteggere – attacca il presidente, Gaetano Stella -. L’attuale schema di legge sull’equo compenso per le prestazioni professionali non rispondealle reali necessità dei liberi professionisti. Pertanto, qualsiasi forzatura per far passare questa legge va respinta al mittente. Non possiamo accettare la logica del “prendere o lasciare” su un tema di vitale importanza per i liberi professionisti, soprattutto in un momento di grave crisi economica come quella che sta attraversando il Paese – aggiunge Stella -. Abbiamo manifestato in tutte le sedi istituzionali la necessità di modifiche all’attuale testo che, invece di costituire un deterrente per i committenti forti, finisce per colpire i professionisti attraverso un regime sanzionatorio ancor più penalizzante per gli iscritti agli ordini professionali».

Professioni Italiane, – l’associazione che racchiude al proprio interno le rappresentanze professionali del Comitato unitario delle professioni e della Rete delle professioni tecniche – chiede che il testo venga approvato al più presto. Per Armando Zambrano e Marina Calderone, rispettivamente presidente e vicepresidente di ProfessionItaliane, «una legge sull’equo compenso per i professionisti non è più procrastinabile e la sua approvazione rappresenterebbe un primo passo verso la corretta remunerazione dei professionisti che non può essere cancellato. Correggere l’attuale testo richiede tempo con il rischio di vanificare quanto fatto finora».

Comunque la si giri, il problema dell’equità dei pagamenti ai professionisti, specie quelli più giovani e maggiormente espostialle imposizioni dei committentiforti”, è uno scoglio difficile da risolvere, perché nel caso di ritorno al sistema delle tariffe si scontra con la direttiva Bolkestein sulla concorrenza e sui diritti dei consumatori, mentre l’impossibilità di definire criteri univoci per determinare il costo del lavoro del professionista per via della ricchezza delle variabili connesse espone la categoria alle offerte al ribasso dei committenti, spesso agevolata da quegli stessi professionisti marginali che abbassanoall’inverosimile le loro tariffe – spesso anche a detrimento della qualità della prestazione resa – facendo essi stessi da volanoalla concorrenza sleale nei confronti dei professionisti più seri, che preferiscono rifiutare un incarico piuttosto che lavorare sottocosto.

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