Croazia nell’Unione Europea, l’allarme di Zaia e di Donazzan per evitare fenomeni di dumping al mondo del lavoro locale

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Autostrada-A31-luca-zaia-ilnordestZaia: “indispensabile rimandare la libera circolazione in Italia dei lavoratori croati”. Donazzan: “stupefacente il comportamento dei sindacati che non prevedono alcuna tutela per i lavoratori della regione”

La prossima entrata nell’Unione Europea della Croazia rischia di portare seri problemi al mondo del lavoro del NordEst e del Veneto in particolare. La prevista libera circolazione dei lavoratori può ingenerare una corsa al ribasso delle tutele e delle retribuzioni, visto che la manodopera croata è di molto meno costosa di una italiana.

Il presidente della regione del Veneto ha fatto propria tale preoccupazione, inviando al presidente del Consiglio, Enrico Letta, al ministro dell’Interno, Angelino Alfano, e al ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, Enrico Giovannini, una lettera nella quale, richiamandosi all’atto di adesione, chiede che venga rimandata a una fase successiva all’ingresso della Croazia nella Ue la libera circolazione in Italia dei lavoratori croati.

“Sono da sempre favorevole all’ingresso della Croazia nella Ue e mi sono battuto perché ciò accadesse. E l’ho sostenuto con forza anche quando ho assunto la presidenza dell’Euregio, auspicando che la macroregione con la Carinzia si allarghi presto proprio alla Croazia e alla Slovenia. Considero i croati fratelli di sangue. L’Istria croata parla veneto – ha detto Zaia motivando le regioni dell’intervento nei confronti del Governo – Ciò non deve tuttavia distoglierci da alcune problematiche che l’ingresso della Croazia apre e che potrebbero avere risvolti drammatici in un momento di crisi economica come quello che attanagliando i nostri territori”.

“A un’ora e mezza di strada e a poche decine di miglia marittime esiste una massa di lavoratori per i quali diventeremmo d’improvviso il principale mercato del lavoro – ha proseguito Zaia – Alla vigilia dell’avvio di incontri specifici sul tema con il Governo nazionale, voglio dirlo con grande chiarezza: con gli indicatori macroeconomici che ci ritroviamo a gestire (170.000 disoccupati con indici in costante crescita, domanda interna in calo, produzione industriale ai livelli di dieci anni fa, pressione fiscale alle stelle, costo del lavoro più alto d’Europa) non possiamo permetterci di introdurre un altro elemento di distorsione sul mercato del lavoro e sull’economia veneta in generale. Qui si rischia che l’intero veneto finisca fuori mercato. Quella che ho già definito una vera apocalisse”.

elena-donazzan-ilnordestL’assessore regionale al lavoro Elena Donazzan traccia un quadro dettagliato della situazione: “è necessario l’attivazione un periodo transitorio nel quale mantenere le autorizzazioni per ‘quote’ senza liberalizzare l’entrata in maniera indiscriminata. Nel corso degli ultimi anni il numero di cittadini stranieri in cerca di occupazione in Veneto è diventato rilevante: nel 2008 erano 21.000 e nel 2012 hanno raggiunto quota 35.000 (+67%). L’incidenza degli stranieri tra i disoccupati è inoltre é particolarmente elevata: 23% nel 2012. Volendo analizzare l’impatto della crisi in un arco di tempo pluriennale – precisa Donazzan – possiamo calcolare che a partire da giugno 2008 (inizio della crisi) fino a giugno 2012, la contrazione delle posizioni di lavoro degli stranieri è stata pari a circa 8.000 unità”.

L’assessore Donazzan ha partecipato al ministero all’incontro di Roma presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri per trattare la delicata situazione dell’entrata della Croazia in tema di mercato del lavoro ottenendone un risultato disarmante: “è rimasta soltanto la politica a difendere i lavoratori e i disoccupati veneti da quella che sarà l’invasione dei croati sottopagati e senza regole. Assurdo constatare l’accondiscendenza delle parti sociali”. “Una riunione paradossale” – ha detto Donazzan – i sindacati e le associazioni di categoria presenti hanno infatti ‘mollato’ totalmente a favore di una liberalizzazione senza regole dei lavoratori della Croazia. Noi abbiamo chiesto un regime transitorio come già fatto anche per Bulgaria e Romania in un momento in cui la disoccupazione é altissima visto che ci sono 170.000 lavoratori nel solo Veneto che attivamente cercano e non trovano lavoro”.

Il sistema delle relazioni sindacali italiano pare non porsi il problema della competitività sleale dei lavoratori dell’Est Europa: “tutti i sindacati e i datori di lavoro, compreso il sistema cooperativistico paiono non accorgersi del problema, con il risultato che entreranno altri disperati in cerca di lavoro a cui verrà promessa una opportunità di lavoro” ha affermato l’assessore veneto al lavoro, rimasta perplessa che dall’affermazioned el mondo sindacale friulano secondo il quale “c’é tanto lavoro irregolare in Friuli e che la liberalizzazione limiterà questo fenomeno, come a dire che l’illegalità in generale la risolvi dicendo che é tutto lecito”.

A difendere a Roma i diritti dei lavoratori e dei disoccupati italiani, oltre al Veneto, la sola Lombardia: tutti gli altri hanno fatto lo gnorri.