Il conflitto scoccato con la crisi ucraina con la guerra tra Russia e Ucraina è probabilmente in parte figlio dell’assenza dell’Unione Europea in fatto in politica estera, settore da sempre relegato a personaggi di secondo piano e di scarsa capacità. Dall’italiana Federica Mogheriniall’attuale spagnolo Josef Borrell, la politica estera comunitaria è stata vissuta come un fatto accidentale, un orpello che spesso serve solo a fotografare gli interessi contrapposti tra i maggiori azionisti dell’Unione. E i risultati sono sotto gli occhi di tutti.
Per dare spessore e autorevolezza ad un Unione zoppicante non basta una moneta unica, anzi: la moneta unica senza una forte diplomazia può ben poco, perché una forte diplomazia è rappresentativa di una forte e convinta delega da parte degli stati membri. Cosa che si sono ben guardati di fare, tenendosi ben stretta in casa propria le redini delle relazioni internazionali.
Così, può capitare che, nella crisi ucraina, una vecchia volpe di lungo, anzi lunghissimo corso con oltre 25 anni di attività, come il ministro degli esteri russo, Serghej Lavrov, possa permettersi il facile lusso di fare una solenne cazziata ad un pivello del ramo come il balbettante ministro degli esteri italiano, Luigi Di Maio, il quale continua nella sua raccolta personale di clamorose topiche, culminata ora con la solenne bollatura di incompetente mangia a sbafo da parte del russo.
Se l’Unione Europea vuole avere effettivamente un peso a livello internazionale ci vorrebbero politici adeguati al ruolo da svolgere, dalla von der Layen in giù, in possesso di puntuale conoscenza dei dossier che devono trattare e capaci di avereuna presenza che non sfoci nel ridicolo. In carenza di questi requisiti minimi, non ci si stupisca se tra qualche tempo qualcuno invaderà l’Europa: sarà come affondare un coltello nel burro morbido.
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