Pitesai via libera alla ripresa della produzione energetica nazionale

Si punta alla maggiore produzione di gas metano, mentre quella di petrolio rimane ferma. Soddisfazione parziale del polo industriale di Ravenna. Tabarelli (Nomisma): «l’Italia potrebbe produrre anche 10 miliardi di metri cubi in più di gas». 

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Dopo un lungo tira e molla, si è concluso l’iter di approvazione del Piano della transizione energetica sostenibile delle aree idonee (PiTESAI) fortemente voluto dal ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, per sanare il ritardo della sua pubblicazione attesa da anni.

Il Pitesai – spiega Cingolani in un comunicato – individua le aree in cui è consentito lo svolgimento delle attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi sul territorio nazionale. L’iter, spiega la nota, ha visto un complesso lavoro iniziale di mappatura, portata avanti insieme ad istituti di ricerca specializzati (Ispra, Rse), in seguito al quale il ministero della Transizione ecologica ha proposto il Piano che è stato così sottoposto a Valutazione Ambientale Strategica (VAS), processo che prevede una fase di consultazione interamente pubblica.

Il 29 settembre 2021, in linea l’impegno preso, il Piano è stato consegnato dal MiTE avviando così la fase di interlocuzione con la Conferenza unificata che a dicembre 2021 si è pronunciata positivamente, proponendo il vincolo di valutazione di possibili attività connesse a permessi di ricerca limitandole esclusivamente al gas.

Il PiTESAI, precisa Cingolani, ha l’obiettivo di fornire regole certe agli operatori e di accompagnare la transizione del sistema energetico nazionale definendo le priorità sia in un’ottica di decarbonizzazione – in linea con gli accordi internazionali di tutela dell’ambiente e della biodiversità – che del fabbisogno energetico. Nella realizzazione del Piano – conclude il MiTE -, si è tenuto conto dei criteri di sostenibilità non solo ambientale, ma anche sociale ed economica.

Lo scenario energetico di famiglie ed imprese è comunque drammatico, con costi di produzione alle stelle, e imprese che iniziano a fermare le macchine. Famiglie che ricevono bollette raddoppiate rispetto a un anno fa. Scenario che non può che peggiorare se la situazione in Ucraina dovesse precipitare.

Il premier Mario Draghi è stato chiaro: il dossier ha priorità assoluta e bisogna fare in fretta. Il decreto dovrebbe arrivare in settimana mentre potrebbe essere varata più in là la riforma delle concessioni balneari. Per le bollette invece ci sarà un decreto, con l’obiettivo quantomeno di replicare l’intervento del primo trimestre (5,5 miliardi) e se possibile fare qualcosa di più.

Al ministero dell’Economia stanno ancora facendo i conti perché si parte da una dote di circa 4 miliardi tra stretta sugli extraprofitti degli impianti a rinnovabili (circa 1,5 miliardi) e destinazione per intero a calmierare i prezzi di luce e gas delle astedi CO2.

Un aumento, fino al raddoppio, della produzione nazionale, è in effetti uno dei tre assi su cui si dovrebbe muovere l’esecutivocon il nuovo decreto bollette, insieme a prezzi controllati per le imprese e sostegni alle famiglie, con l’aumento della soglia Isee per l’accesso ai bonus energia. Al coro di chi chiede misure strutturali si unisce anche Confindustria, perché il conto per le imprese è già salito da 9 a 37 miliardi, con aumenti del 660% del prezzo del gas a gennaio rispetto a due anni fa.

Per dare sollievo alle attività produttive il governo sta pensando ad uno stock di energia a prezzo calmierato – e si sta ragionando su quale potrebbe essere la cifra – una soluzione che potrebbe anche essere strutturale e che potrebbe poggiare su un parziale accesso alle riserve oltre che sull’aumento della produzione nazionale di gas, una volta avviata, e su un’accelerazione della produzione di fotovoltaico ed eolico.

La fine della moratoria delle trivellazioni in Adriatico era un passo molto atteso a Ravenna, sede del principale polo industriale petrolifero italiano, ma il Pitesai non lascia soddisfatti: nella sostanza il provvedimento, per come è strutturato, non dovrebbe consentire un significativo aumento della produzione nazionale di gas, come invece da più parti auspicato per far fronte alla crisi energetica. Sviluppo economico e difesa dell’ambiente sono il crinale scivolosissimo sul quale si muove il sistema Ravenna che della diversificazione del portafoglio energetico con l’obiettivo di sfruttare il grande giacimentopresente nell’Alto Adriatico, fra il Veneto e l’Abruzzo, che poi converge su Ravenna. dando lavoro a migliaia di persone.

Scettico sulla reale portata del Pitesai è il presidente di Nomisma Energia, Davide Tabarelli, che riserva parole dure contro il piano che individua le aree idonee alle prospezioni e alle estrazioni, appena pubblicato dal Mite dopo un’attesa durata tre anni. «E’ un mostro contro la politica energetica; è frutto della volontà del governo di fare qualcosa, ma che di fatto rende tutto impossibile. Eppure è un delitto lasciare non sfruttati sottoterra miliardi di euro di gas che potrebbero fare il nostro Pil».

L’aumento della produzione inoltre, sottolinea Tabarelli, non servirebbe ad avere il crollo dei prezzi «che attualmente sono determinati a livello europeo anche se si potrebbe tornare al meccanismo dei contratti a lungo termine con la Russia, visto che chi aveva fatto contratti di acquisto a lungo termine aveva il gas 35 centesimi a metro cubo. Di certo questa crisi quando sarà finita lascerà delle cicatrici e saranno necessari negoziati diversi anche con la Russia. E non sarebbe male avere anche un mercato spot tutto italiano». Ma nel suo complesso, una vera alternativa energetica secondo Tabarelli non esiste; o meglio è solo una: «consumare di meno».

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