Mentre la politica festeggia il rimbalzo del 6,5% del Pil italiano nel 2021 – sottacendo il fatto che l’Italia è ancora del 6,7% sotto i livelli di Pil del 2007, prima della crisi finanziaria innescata dallo scandalo dei mutui subprime americani, quando gli altri paesi europei sono cresciti ben oltre la doppia cifra nel medesimo arco temporale – il mese di gennaio si è chiuso con l’ennesimo, pesante crollo del mercato dell’auto, uno dei volani dell’economia nazionale per via del suo apporto in termini di fatturato, occupazione e generazione di tasse.
A gennaio sono state immatricolate in Italia 107.814 autovetture con un calo del 19,7% su gennaio 2021 e del 34,8%su gennaio 2019, cioè sul dato precedente la pandemia. La gravità della situazione è messa bene in luce dal fatto che, se si proietta il dato del gennaio scorso sull’intero 2022 come ha fatto il Centro studi Promotor, si ottiene un volume di immatricolazioni, per l’intero 2022, di 1.198.000 autovetture con un calo del 17,8% sul 2021, tornando ad un livello degli anni Sessanta del secolo scorso.
«Al di là dei risultati di mercato dell’auto di questo primo mese del 2022, in continuità con il trend fortemente negativo del secondo semestre 2021 — afferma Paolo Scudieri, presidente di ANFIA, la filiera italiana dell’automotive – mi preme evidenziare che non sono ulteriormente procrastinabili la definizione e l’avvio di un piano di politica industriale dedicato alla transizione della filiera automotive, un processo che, se non adeguatamente gestito, potrebbe costare al nostro Paeseoltre 70.000 posti di lavoro persi. Diventa ogni giorno più concreto il rischio che, in assenza di strumenti che accompagnino la riconversione, molte aziende si trovino costrette a rimodulare investimenti e piani produttivi sul nostro territorio, a danno della sopravvivenza di un settore trainante dell’economia italiana e, quindi, della competitività dell’intero sistema Paese».
«Alle misure di politica industriale occorre – secondo Scudieri – affiancare interventi strutturali per sostenere la domandadi autovetture elettrificate e veicoli commerciali a basso impatto ambientale, nella logica di trainare la produzione e instradare le scelte d’acquisto di consumatori e imprese nella direzione degli obiettivi di decarbonizzazione della mobilitàin via di definizione a livello europeo, come, peraltro, stanno facendo tutti i maggiori Paesi UE, lasciandoci in ultima posizione in questo sfidante percorso».
Stesse considerazione arrivano dal fronte degli importatori esteri di auto dell’Unrae: per il presidente Michele Crisci «ci auguriamo che adesso, finalmente, il Governo riprenda in mano i dossier, come quello dell’automotive, che negli ultimi mesi sono stati completamente trascurati, a partire dal dare rapida attuazione ai piani previsti dal PNRR per le reti di infrastrutture dei veicoli elettrici, con un cronoprogramma puntuale su come investire le risorse stanziate».
«E’ urgente, inoltre – aggiunge Crisci – portare avanti i progetti del Ministero dello sviluppo economico a sostegno dell’acquisto di veicoli a basse emissioni, per non bloccare il processo di elettrificazione nel nostro Paese. E, infine, allineare la fiscalità italiana dei veicoli aziendali a quella dei principali major market europei per rendere competitive le imprese italiane».
Soprattutto, tutti i costruttori dovrebbero dare maggiore azione di pressione sui regolatori europei per rivedere in profondità il piano di spinta all’elettrificazione della mobilità che, al momento, prevede l’abbandono dei motori termici entro il 2035.
I vertici di Stellantis e di Volkswagen (soprattutto quest’ultima artefice dello scandalo “Dieselgate” che ha portato alla demonizzazione ingiustificata del motore Diesel, più efficiente e meno impattante di un veicolo elettrico) si stanno ricredendo e avvisano che l’elettrico non poterà all’abrogazione dei motori termici. Dopo gli industriali, sarebbe utile che anche il livello politico s’accorgesse della realtà e del fatto che la scelta dell’elettrificazione spinta della mobilità è un boomerang sociale, economico e pure ambientale per il sistema Europa. E che lo facesse prima che sia troppo tardi.
Intanto, il mercato italiano dell’auto si caratterizza per due tendenze: da un lato il 38,2% del mercato di gennaio è rappresentato da utilitarie e superutilitarie, mentre i Suv conquistano il 49,6% del mercato: due estremi checannibalizzano sempre più il settore delle “medie” e al quasi estinto settore dei monovolume e multispazio.
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