Appello al Governo per un piano strutturale di sostegno alla transizione ecologica

#ActionPlan4eMobility sottoscritto da ADICONSUM, ANFIA, ANIE, ASSOFOND, CLASS Onlus, MOTUS-E, UCIMU. Ma puntare solo sull’elettrico è sbagliato e controproducente. 

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ADICONSUM, ANFIA, ANIE, ASSOFOND, CLASS Onlus, MOTUS-E, UCIMU e le imprese e i lavoratori delle filiere produttive e commerciali dell’automotive, delle fonderie, dei macchinari industriali, dell’energia e della mobilità elettrica hanno lanciato un appello al Governo per definire un piano strutturale per la mobilità elettrica, di vitale importanza per non interrompere l’andamento di crescita degli ultimi anni nel momento in cui è necessaria una rapida accelerazione verso la transizione ecologica.

Secondo i firmatari dell’appello «nella Legge di Bilancio 2022 è totalmente assente una strategia per la transizione energetica del settore automotive e per lo sviluppo delle infrastrutture di ricarica private. Senza interventi strutturali, molto probabilmente nel 2022 la quota di mercato dei veicoli a zero o ridottissime emissioni precipiterà: mentre l’anno scorso è iniziato con una quota del 4,7% e si è concluso con il 13,6% di dicembre, quest’anno rischia di assestarsi su valori tra il 6% e il 7%, ben lontani dalle previsioni per gli altri Paesi europei».

I sottoscrittori puntano solo sull’incentivo alla mobilità elettrica e ibrida («senza interventi l’Italia sarebbe meno competitiva nel confronto con altri Paesi, dove articolati pacchetti di misure pro mobilità elettrica agevoleranno una rapida accelerazione nell’installazione di una capillare rete di infrastrutture di ricarica anche privata») fingendo di non vedere quella realtà che sta sempre più emergendo: la mobilità elettrica, oltre che non ecologica (le emissioni complessive di una vettura elettrica sono superiori ad una con motore termico), è pure un rischio geopolitico, in quanto si rischia di vincolare la mobilità italiana ed europea ad un sostanziale monopolio di fatto della Cina, che si è assicurata negli ultimi anni la disponibilità quasi totale dei principali elementi indispensabili alla costruzione delle batterie di generazione corrente e dei motori elettrici. Senza contare il maggiore costo rispetto ad un veicolo con motore termico, il che espelle gran parte degli acquirenti dal mercato anche in presenza di ricchi incentivi pubblici.

I firmatari dell’appello «ritengono critica e strategicamente pericolosa la totale assenza di programmazione e di misure adeguate al momento storico e al peso industriale, economico e sociale dei comparti rappresentati. Chiedono pertanto al Governo di intervenire fin da subito con un piano d’azione e dare un segnale importante al Paese». E, probabilmente, nella transizione ecologica i ritardi del governo italiano non vengono per nuocere, se si pensa che il governo del Cantone Vallese della Svizzera ha deciso che nel 2022 non saranno più incentivate le auto ibride (quelle definite nell’appello come “a basse emissioni”) in quanto aventi emissioni inquinanti maggiori nell’uso normale su strada. Sarebbe un peccato che il governo italiano continuasse a scimmiottare comportamenti assurdi e demagogici quando gli Svizzeri – che non sono sicuramente degli stupidicambiano direzione sulla base di fatti accertati.

Se i firmatari dell’appello vogliono fare il bene dell’ambiente, del sistema produttivo nazionale e dell’economia delle famiglie, più che chiedere nuovi, inutili incentivi per l’auto elettrica e a basse (fasulle) emissioni, per l’installazione delle colonnine di ricarica dove l’energia costa più di un pieno di benzina e diesel (con il risultato che percorrere 100 km in puro elettrico costa il doppio di un efficiente veicolo Diesel Euro 6), farebbero meglio a rivolgersi con la dovuta energia verso il regolatore europeo che ha imposto una strategia fallata di transizione ecologica che, secondo quanto ha svelato nelle scorse ore Quattroruote, parerebbe determinata proprio da azioni lobbistiche ispirate da ambienti cinesi. Ambienti che nell’industria dell’auto europea sono già ben presenti in forze (Volvo, Mercedes, Stellantis, tanto per citare i maggiori gruppi europei). Pressioni che hanno portatostranamente” a penalizzare la diffusione dei carburanti alternativi a basso o nullo tenore di carbonio sviluppati dalla ricerca europea e che potrebbero da subito essere utilizzati anche su tutto il parco circolante, compresi i veicoli ad alte emissioni, dando immeditatamente un contributo alla riduzione dell’inquinamento atmosferico, oltre a non condannare inutilmente un’altra tecnologia di mobilità estremamente efficiente come il motore Diesel.

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