Vitienologia dell’Alto Adige: le sfide del futuro

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tavolarotondavinialtoatesini 1Tavola rotonda presso il centro di ricerca agricola di Laimburg

Quale futuro per la vitienologia dell’Alto Adige, le sfide dei mercati e dell’incremento della temperatura sui 5.300 ettari di superficie vitata, 55% a varietà bianca e il 45% a varietà rossa? Se ne è discusso a al Centro di Sperimentazione Laimburg, in una tavola rotonda. L’aumento delle temperature potrebbe influire sul carattere e la tipicità dei vini, ma non impedisce la coltivazione di certe varietà nelle zone, dove sono state coltivate finora.

“L’Alto Adige dispone di una tradizione di viticoltura che risale a migliaia di anni. Teniamo molto a questa tradizione e in manifestazioni come quella odierna vogliamo informare e discutere le sfide e gli sviluppi della viticoltura altoatesina”, ha detto il direttore del Centro di Sperimentazione Laimburg, Michael Oberhuber nel saluto d’apertura. Ogni regione deve essere trattata diversamente, per poter reagire adeguatamente sugli influssi esterni. Nella zona di Geisenheim, per esempio, sono stati ottenuti buoni risultati con lo spogliamento delle vigne per posticipare la maturazione delle uve, ha spiegato Hans-Reiner Schultz della locale università. La sfida più grande comunque sarebbe nel reagire alle condizioni in cambiamento, per esempio le precipitazioni altalenanti, un fenomeno legato al cambiamento climatico. Ma in questo periodo, dove l’ecobilancia e l’impronta carbonica diventano sempre più importanti, bisogna anche cercare di comunicare i fatti positivi: “un ettaro di vigneto produce l’ossigeno per venti persone”, ha evidenziato Schultz.

Gianni Fabrizio, giornalista del Gambero Rosso, nel suo intervento ha fatto presente che i vini altoatesini nell’arco degli ultimi 30 anni sono cresciuti molto sotto l’aspetto qualitativo a prezzi pur sempre adeguati. Specialmente tra gli consumatori italiani, l’Alto Adige è conosciuto come la regione del vino bianco di riferimento. I produttori altoatesini sono riusciti a farsi conoscere. Ora si tratterebbe di verificare quali sono le zone più adatte per il singolo vitigno. “La sfida sta nella scelta del vitigno più adatto alla singola zona”, ha detto Fabrizio. Ma bisognerebbe anche pensare a superselezioni dalle zone più adatte e di offrire vini con un alto potenziale d’invecchiamento.

Gli esperti della prassi osservano dei cambiamenti soprattutto per quanto riguarda il periodo di raccolta, ma reagiscono diversamente. Franz Haas ha raccontato dalle sue osservazioni che nella sua infanzia il Pinot nero è stato vendemmiato attorno i primi di novembre. Nel decennio passato, però, la raccolta più tardiva di questa varietà è stata fatta a settembre. Per cui Haas ha iniziato la coltivazione di viti in zone più alte. Il conte Michael Goess-Enzenberg invece ha sottolineato che bisognerebbe lavorare in modo molto preciso nei vigneti per mantenere le piante sane e resistenti.

I cambiamenti che influiscono sulla maturazione delle uve e sul carattere dei vini, però, non verrebbero notati dal consumatore medio, ha spiegato Gianni Fabrizio.

Come si può osservare anche per altre regioni viticole, il cambiamento climatico offre nuove possibilità, per esempio spostando la coltivazione più in alto o in altre zone. Hansjörg Hafner del Centro di consulenza per la fruttiviticoltura ha detto che addirittura nella Val d’Isarco sarebbe possibile di raddoppiare la superficie coltivata di viti nell’arco dei prossimi dieci anni.