Da anni di proprietà del Castello del Buonconsiglio di Trento, la collezione dei conti Wolkenstein–Trostburg è costituita da un’importante quadreria, con opere d’arte e mobilio che vanno dai primi del Seicento a fine Ottocento. Fra i mobili spicca un interessante stipo risalente al 1610 circa, la cui rilevanza storica e storico-artistica è data dalla grande varietà di stemmi che ne adornano le ante e i cassetti, facendone uno dei testimoni più interessanti dell’autocoscienza familiare della nobiltà del tempo.
La mostra, curata da Walter Landi, si sviluppa in due sezioni. La prima dedicata alla storia di Castel Trostburg, soprattutto in merito agli ampliamenti e alla storia familiare dei conti Wolkenstein-Trostburg fino all’epoca di Engelhard Dietrich e di sua moglie Ursula, con un breve sguardo agli sviluppi successivi. La seconda sezione è riservata interamente allo stipo e alle sue caratteristiche uniche, strettamente connesse agli interessi della coppia anche dal punto di vista dell’araldica e della storia familiare.
Fra i pezzi di arredo voluti da Engelhard Dietrich si trova anche l’opera principe di questa mostra, cioè lo stipo dei Wolkenstein. Si tratta di un mobile munito di 61 cassetti con numerazione apposta sul fianco – ciascuno con un proprio anello con piastrina fogliacea –, fornito di un piano estraibile inserito nella meta inferiore della struttura, nonché di una nicchia centrale chiusa da un’antina ad intarsio con serratura propria, contenente a sua volta una struttura lastronata a 12 vani, nella quale originariamente erano sistemati ulteriori cassettini, di cui se ne sono conservati ancora tre. Se lo stipo sia stato da sempre chiuso da due ante, come lo è oggi, non è certo. Come rilevato infatti da un’attenta ispezione, queste sembrerebbero essere state applicate solo posteriormente, riutilizzando quattro cerniere con semplici ornati incisi e chiodi ribattuti.
Lo stipo rientra nella classica tipologia degli Archivkasten (“armadi d’archivio”), contenenti cassetti (lat. capsae, ted. Laden) in cui si custodivano le scritture di famiglia: di qui le antiche segnature archivistiche legate all’originaria suddivisione del materiale, che anche nel caso dei Wolkenstein era ripartito in capsae. Esempi di tali armadi non mancano attorno al 1600, sebbene siano alquanto rari.
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