Studio Clepa: nell’automotive europeo a rischio mezzo milione di posti di lavoro

L’Associazione europea della componentistica automotive evidenzia la necessità di una profonda revisione del piano europeo “Fit for 55”. 

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CLEPA, l’Associazione europea della componentistica automotive, ha commissionato a PwC Strategy la valutazione dell’impatto di tre diversi scenari relativi alle politiche del “Green Dealeuropeo sull’occupazione e sul valore aggiunto tra i fornitori di tutta Europa nel periodo 2020-2040. Gli scenari considerati sono: un approccio tecnologico misto; l’attuale, concentrato solo sui veicoli elettrici proposto nel pacchetto “Fit for 55” proposto dalla Commissione europea e uno scenario di accelerazione radicale dei veicoli elettrici. Tutti e tre presuppongono un’elettrificazione accelerata per raggiungere gli obiettivi climatici, con un’elevata quota di mercato per i veicoli elettrici al 2030, rispettivamente di oltre il 50%, quasi l’80% e prossima al 100%.

La filiera produttiva automotive rappresenta oltre il 5% dell’intera occupazione manifatturiera nei 13 stati membri dell’Unione Europea con più del 60% di questi lavoratori impiegati dai fornitori di componenti. Lo studio Clepa fornisce un’essenziale valutazione a livello europeo identificando inoltre, rischi e opportunità in sette dei maggiori Paesi produttori di componenti automotive (Germania, Spagna, Francia, Italia, Repubblica Ceca, Polonia e Romania). Questo studio è anche il primo nel suo genere a valutare l’impatto di diversi percorsi politici per raggiungere gli obiettivi del “Green Deal” con un focus sui fornitori automotive.

Molti fornitori automotive non sono sufficientemente strutturati per reagire agilmente ad una perdita di attività nella tecnologia del complesso motore-trazione, anche per via dei contratti a lungo termine con I costruttori di autoveicoli. Centinaia di aziende specializzate e PMI hanno, inoltre, limitato accesso ai capitali da investire nella trasformazione dei loro modelli di business.

Nello scenario focalizzato solo sui veicoli elettrici, lo studio Clepa evidenzia che il 70% dell’impatto sull’occupazione si farebbe sentire già dal 2030 al 2035 e conferma che le opportunità generate dai veicoli elettrici dipendono dalla creazione di un’articolata catena di approvvigionamento di batterie nell’Unione Europea, i cui tempi e probabilitàsono ancora incerti. I Paesi dell’Europa occidentale sembrano essere nella posizione migliore per presidiare la produzione di sistemi di propulsione per i veicoli elettrici, mentre l’occupazione nei Paesi dell’Europa centro-orientale rimarrà altamente dipendente dal motore a combustione interna.

«Mentre l’elettrificazione da un lato mette a rischio l’occupazione del comparto dei sistemi di propulsione, dall’altro nel futuro si renderanno necessarie, per la forza lavoro, competenze nelle aree dei software e delle infrastrutture – evidenzia Henning Rennert, partner di PwC Strategy& Germany -. Il futuro valore aggiunto e la futura creazione di posti di lavoro nell’ambito delle tecnologie dei sistemi di propulsione dipendono dalla produzione locale di batterie in Europa».

«Lo studio sottolinea i rischi di un approccio concentrato solo sui veicoli elettrici per il sostentamento di centinaia di migliaia di persone che lavorano duramente per fornire soluzioni tecnologiche per la mobilità sostenibile – dichiara Sigrid de Vries, segretario generale di CLEPA -. Poiché i fornitori automotive sono responsabili della maggior parte dell’occupazione manufatturiera dell’industria del settore, è fondamentale mettere in primo piano i loro posti di lavoro nel gestire l’impatto economico e sociale della trasformazione. Le innovazioni dei fornitori automotive hanno reso la mobilità elettrica sempre più accessibile ai consumatori e uno strumento essenziale per raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni. Ma le esigenze della società sono troppo diverse per un approccio univoco. Un quadro normativo aperto a tutte le soluzioni disponibili, come l’uso di tecnologie ibride, idrogeno verde e carburanti rinnovabili sostenibili, darà spazio all’innovazione mentre ridefiniamo la mobilità dei prossimi decenni».

Secondo Marco Stella, presidente del Gruppo componenti ANFIA e vice presidente di ANFIA, «la filiera della componentistica ha oggi in Italia un peso economico e occupazionale rilevante, considerando che i prodotti di questo comparto sono esportati e apprezzati in tutto il mondo – il saldo della bilancia commerciale è positivo per circa 5,5 miliardi di euro l’anno. La catena di fornitura italiana ed europea è fortemente integrate a livello internazionale, una caratteristica di cui l’approccio europeo alla decarbonizzazione della mobilità deve tener conto, ricordando l’importanza strategica di difendere la competitività del settore per il futuro della nostra industria e, in definitiva, delle nostre economie. Sostenere i produttori di componenti in Italia nell’affrontare la transizione verso la mobilità a zero emission significa anche comprendere le attuali difficoltà del 30% circa di essi, che sono ancora concentrati sulle tecnologie dei motori a combustione interna e, in generale, delle PMI, che rappresentano la maggioranza del comparto, nel farsi carico di ingenti investimenti nel giro di pochi anni».

Lo studio dimostra che il 70% della creazione di valore (fino a 70 miliardi di euro) legata ai sistemi di propulsione elettrici sarà collegata alla lavorazione dei materiali delle batterie, alla produzione di celle di batterie e moduli di celle e all’assemblaggio di sistemi di batterie. E’ importante sottolineare che queste attività non si svolgeranno necessariamente con le stesse aziende o nelle stesse aree, poiché richiedono abilità e competenze profondamente diverse rispetto alla tecnologia powertrain convenzionale e quindi è improbabile che forniscano opportunità alla maggior parte dei fornitori automobilistici orientati al powertrain, in particolare alle piccole e medie imprese che impiegano circa il 20% degli addetti della filiera della fornitura. Una precedente ricerca di CLEPA ha mostrato come la produzione di batterie fornisca relativamente più posti di lavoro per i lavoratori con formazione accademica e meno per quelli meccanici che attualmente sono impiegati nella produzione di parti legate al motore a combustione interna.

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