Cop 26 fa flop: accordi al ribasso con licenza d’inquinamento a Cina e India

I due paesi formalmente ancora catalogati come “emergenti” potranno continuare ad utilizzare carbone rispettivamente fino al 2050 e 2070. Vanificati gli sforzi Ue. 

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La conferenza Onu Cop 26 di Glasgow sui cambiamenti climatici dopo 15 giorni di chiacchiere (o bla, bla, bla come l’ha sprezzantemente definita una ormai famosa adolescente scandinava con le treccine bionde) è finita come era nelle premesse, ovvero con un flop, visto che gli accordi sono stati chiusi al deciso ribasso e con la licenza di continuare ad inquinare – e pesantemente – a Cina e India.

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Dietro il paravento che classifica Cina e India ancora come “paesi emergenti” nonostante che la prima sviluppi il secondo Pil mondiale in assoluto dopo gli Usa, a costoro la Cop 26 concede sostanzialmente limiti più blandi proprio per accompagnare il loro sviluppo, anche se questo comporta inevitabili ricadute su tutti gli altri paesi, ad iniziare da quell’Unione Europea che, con una quota di emissioni globali tra le più ridotte (solo l’8%), si arrovella nel fare la prima della classe, puntando ad azzerarla entro il 2035. Anche se questo comporterà fortissimi costi economici e sociali per l’azzeramento di intere filiere industriali (dall’acciaio all’automotive, al cemento) che finiranno per aprire il mercato europeo ai prodotti della concorrenza cinese ed indiana che ringrazieranno sentitamente per gli spazi di mercato liberati.

La Cina, a nome dei 77 paesi emergenti (tra cui Arabia Saudita e quasi tutto il Medio Oriente, tutta l’Africa, il Sud America, Brasile compreso, e tutta l’Indocina, l’85% dell’umanità e la quasi totalità dei Paesi più inquinanti del Pianeta, ha avanzato alla Cop 26 la richiesta che i paesi sviluppati – e che hanno inquinato nei decenni trascorsi – contribuiscano al riequilibrio alimentando la cosiddettacassa perdite e danni” con qualcosa 1.000 miliardi di dollari per aiutare i paesi emergenti ad implementare tecnologie ambientalmente meno impattanti. Della serie, oltre che cornuti(azzeramento del proprio sistema economico), pure mazziati (costretti a pagare chi inquina e ammazza la propria economia). Un delitto pressoché perfetto.

Se l’Europa non vuole fare una tragica fine, bisogna al più presto cambiare marcia, contribuendo sì a limitare – non ad azzerare – il proprio impatto ambientale già oltremodo ridotto, ma senza penalizzare la propria economia e sviluppo. Anche l’Italia non deve scimmiottare le buone pratiche, facendosi poi fottere dai vicini. Se il gas metanoè una fonte energetica per accompagnare la transizione, perché l’Italia non deve sfruttare gli ingenti giacimenti che possiede sotto il fondale del Mare Adriatico che potrebbero essere sfruttati a circa 5 centesimi di euro a metro cubo, quando ne paga oltre 70 quando lo acquista importandolo dall’estero? Perché non deve trivellare come già stanno facendo i paesi della costa orientale dell’Adriatico che, guarda caso, stanno operando proprio sulla linea di confine politico, confine che sottoterra non esistono, con il risultato che il gas metanoitalianonon estratto dalle belle coscienze politicamente corrette verrà estratto, consumato e, magari, rivenduto proprio all’Italia a caro prezzo?

Cerchiamo di essere seri!

Ecco come la graffiante matita di Domenico La Cava interpreta la situazione.cop 26

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