Decreto infrastrutture: abbassato da 108 a 86 tonn la portata massima dei trasporti

Proteste da parte delle categorie manifatturiere (soprattutto acciaierie e estrattivo) e pure da quella Conftrasporto che reclama indennizzi per le aziende che hanno investito nei mezzi speciali. 

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Il decreto Infrastrutture appena approvato dal Parlamento porta in dote, tra le altre cose, pure l’abbassamento del limite di portata massima dei trasporti eccezionali da 108 a 86 tonnellate, con vincoli più stringenti per tutti quei trasporti di materiali che sono divisibili, per i quali torna a valere il limite generale di 44 tonn di portata massima.

Mentre per i manufatti indivisibili di grandi dimensioni (come apparati industriali, travi di acciaio, legno, calcestruzzo, ecc.) le norme sostanzialmente non cambiano, viceversa cambiano e molto per quelli divisibili, dove normalmentenon si potrà eccedere il limite ordinario delle 44 tonn. di portata massima, con la possibilità di arrivare fino a 86 tonn. nel caso di complessi particolari.

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Di fatto, per settori come la siderurgia o l’estrattivo questo comporta la necessità di effettuare più viaggi quando prima ne bastava uno solo, con un veicolo a 8 e più assi. Di fatto, proprio da questi settori si sono levate per primele proteste, con tutte le territoriali di Confindustria che hanno tuonato contro l’abbassamento del limite di portata massima, accampando sia maggiori costi operativi che maggiore impatto ambientale. Cosa che quest’ultima è vera solo in parte, visto che i consumi specifici – e, conseguentemente, le emissioni inquinanti – di un mezzo speciale da 108 tonn. sono decisamente superiori a quelle di un mezzo con limiti di tonnellaggio ordinario, con la conseguenza che l’effettivo maggiore impatto ambientale di più viaggi è solo relativo.

Protesta pure Conftrasporto Confcommercio che reclama indennizzi per le aziende di autotrasporto che nel tempo hanno investito nei mezzi specifici per i trasporti da 108 tonn. che ora saranno sottoutilizzati. Peccato che la stessa organizzazione degli autotrasportatori tuonasse contro Federacciai (Confindustria) proprio su queste colonne il 9 maggio 2019, reclamando da parte della categoria il rispetto delle norme ordinarie di portata massima anche per evitare di accelerare l’ammaloramento delle opere infrastrutturali, ad iniziare da ponti, viadotti e sovrappassi vari che nel tempo hanno contrassegnato le cronache con numerosi crolli. Così commentava il presidente di categoria, Paolo Uggè: «Federacciai deve abbandonare la comoda strada della deroga e ritornare nell’alveo della legalità stabilita dal Codice della Strada, dove il carico massimo ammesso ordinario sulle strade del Paese è di 44 tonnellate. Non mi stancherò di ricordare come un carico oltre questa soglia generi sulle infrastrutture pubbliche un aggravio di usura che ricade su tutta la collettività. Utilizzare carichi da 108 tonnellate consente un consistente risparmio agliindustriali dell’acciaio, ma i loro risparmi vengono scaricati su tutta la collettività e questo non è giusto e tollerabile». Con tre anni di ritardo, Uggè è stato soddisfatto e i suoi associati si preparano ad una maggiore mole di lavoro.

Oltre alla questione della portata massima, rimane aperto il problema per nulla trascurabile della norma transitoriadi entrata in vigore dei nuovi limiti, assente nel decreto appena approvato, per cui verrebbero penalizzati tutti i trasporti eccezionali già programmati con le vecchie regole, visto che di norma le autorizzazioni rilasciate valgonoun anno proprio per via delle difficoltà connesse con la definizione dei passaggi di questi mezzi sulla rete infrastrutturale italiana.

Ecco come la graffiante matita di Domenico La Cava interpreta la situazione.portata massima

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