Decreto Concorrenza, la Commissione Ue ha già acceso il faro sulle concessioni dei balneari

Richiamata l’Italia al rispetto della direttiva Bolkestein. Il governo Draghi attende la sentenza del Consiglio di Stato sulla proroga fatta dal Conte I al 2033.

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Il decreto concorrenza sulle liberalizzazioni è uscito dal Consiglio dei ministri sostanzialmente monco, figlio delle solite consorterie partitiche che hanno ribrezzo delle gare pubbliche e della libera concorrenza, preferendo difendere fino alla morte i propri orticelli clientelari: caso tipico è il rinvio della liberalizzazione sulle concessioni dei balneari con i relativi arenili del demanio.

Il problema è che lo Stato si è sempre distinto per trascurare la valorizzazione del proprio (e di tutti i cittadini) patrimonio, appaltandolo di fatto per quattro soldi a privati che lucrano considerevolmente sulla gestione privata di un bene pubblico.

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La direttiva Bolkestein del 2006 intendeva arginare il malcostume tipicamente italiano del continui rinnovo delle concessioni senza gara in capo ai titolari, aprendo al mercato l’assegnazione dei beni pubblici al miglior offerente a seguito di libero confronto concorrenziale. Uno scenario sempre dribblato dai politici di ogni colore, tanto che è intervenuta pure una sentenza della Corte di giustizia europea che nel 2016 ha dato torto all’Italia sul mancato rispetto della direttiva Bolkestein. Una sentenza che è stata nuovamente dribblata dal governo Conte Icon la legge di bilancio 2019 che, su spinta della Lega, ha prorogato le concessioni in capo agli stabilimentibalneari fino al 2033, innescando un ulteriore contenzioso con la Commissione europea su cui ora il governo Draghi attende il pronunciamento a giorni del Consiglio di Stato sulla portata del provvedimento di allungamento ultradecennale delle concessioni balneari.

Il decreto appena approvato dal governo ha comunque già preattivato la Commissione europea che mantiene e reitera la sua richiesta all’Italia di riformare il sistema delle concessioni demaniali per gli stabilimenti balneari, dopo che il governo ha deciso di tenere il settore fuori da Ddl concorrenza. Lo ha confermato a Bruxelles la portavoceper il Mercato interno della Commissione, Sonya Gospodinova, rispondendo a una domanda. «La Commissione europea è al corrente dei recenti sviluppi nella legislazione italiana. E’ prerogativa delle autorità italiane – ha detto la portavoce – decidere come affrontare la riforma del regime delle concessioni balneari». «Per la Commissione – ha sottolineato Gospodinova – ciò che è importante è il contenuto e non la forma di questa riforma, e che le autorità italiane procedano rapidamente a riportare la propria legislazione e le proprie pratiche riguardanti le concessioni balneari in conformità con la legislazione Ue e con la giurisprudenza della Corte europea di Giustizia».

Insomma, un preavviso di nuova infrazione che, questa volta, potrebbe costare caro, doppiamente caro all’Italia, sia sotto forma di multe da pagare ma anche con il taglio dei fondi dell’ormai mitico Pnrr, visto che il recepimentodella direttiva Bolkestein ne costituisce una delle condizioni necessarie all’erogazione dei sostegni.

Qualche politico farebbe meglio ad interrogarsi sulla portata delle proprie decisioni che hanno riguardato più l’interesse di parte di una fetta del proprio elettorato che gli interessi pubblici del Paese. Ha poco di che festeggiare il responsabile delle attività produttive della Lega, il deputato padovano Massimo Bitonci che parla di aver « salvato un intero comparto che lavora e produce come quello dei balneari. Con il salvataggio delle concessioni dei balneari, ottenuto dalla Lega, abbiamo evitato il ritorno alla Bolkestein. Vogliamo che migliaia di lavoratori che si trovano nell’incertezza abbiano modo di investire, risollevarsi dalle ingenti perdite dovute alla pandemia, dando lavoro ai giovani e rilanciando il turismo, che rappresenta il 13% del Pil nazionale».

Non ha paura del conflitto d’interessi l’eurodeputato Massimo Casanova, ispiratore del mitico Papeete di Milano Marittima, buon ritiro estivo del leader del suo partito, Matteo Salvini: «sono assolutamente soddisfatto del lavoro portato avanti dalla Lega per ciò che concerne i balneari. Grazie al nostro impegno, infatti, è stato sventato che il pericolo Bolkestein mettesse in ginocchio un intero comparto, fondamentale per il nostro Paese e per il turismo italiano, che muove il 13% del Pil. È su questa direzione che si muove e continuerà a muoversi il nostro impegno, tanto in Europa quanto a Roma. Sulla direttiva europea la Lega ha sempre proferito parole chiare. Raccogliamo oggi il risultato della nostra coerenza e della vicinanza, concreta, alle istanze delle imprese italiane».

Peccato che a Bruxelles, dove tengono in debita attenzione il rispetto delle norme comunitarie, la pensino in modo diametralmente diverso.

Sul piatto c’è anche l’inesistente redditivitàper lo Stato (e per i cittadini contribuenti, ben inteso) – delle concessioni di beni demaniali balneari ai privati. In Italia, su oltre 30.000 concessioni demaniali marittime attive (con qualunque finalità), oltre 21.000 nel 2019 hanno pagato un canone annuo inferiore a 2.500 euro, con un costo a metro quadro variabile da 3,74 a 5,83 euroStabilimenti balneari privati che sempre più si allargano riducendo a poco o nulla la spiaggia libera, sempre più rara lungo le coste italiane.

Peccato che il costo di un lettino in uno stabilimento balenare si aggiri mediamente intorno ai 30 euro al giorno (se non di più) e che basti la gestione di un’arenile di 1.500/2.000 metri quadri di superficie gestito quattro mesi all’anno per poi vivere di rendita per tutti i mesi rimanenti.

Forse, dall’arrivo della concorrenza anche sulle concessioni del demanio balneare lo Stato potrebbe aumentare sensibilmente i propri introiti, anche per controbilanciare il “nero” che proprio tra gli ombrelloni estivi alberga massicciamente. Altro che «pericolo Bolkestein»!

Ecco come la graffiante matita di Domenico La Cava interpreta la situazione.concessioni dei balneari

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