A Palazzo Trevisan degli Ulivi la mostra fotografica dell’artista svizzero
di Giovanni Greto
Dopo la prima esposizione di 37 stampe tenutasi all’Heleneum di Lugano dal 25 novembre 2006 al 1 aprile 2007, ‘L’isola degli dei. Fotografie. Bali 1938’ si sposta a Venezia a Palazzo Trevisan degli Ulivi, arricchita di ulteriori 23 stampe, per una selezione di 60 su un totale di 700 negativi di Gotthard Scuh, primogenito di un’agiata famiglia originaria di Berna.
L’artista, inizialmente pittore ed incisore, nasce il 22 dicembre 1897 a Schoeneberg, sobborgo industriale di Berlino, dove la famiglia si era trasferita per motivi di lavoro. Insoddisfatto dei risultati della sua attività artistica, nel 1925 decide di far ritorno in Svizzera, cominciando ad interessarsi, dal 1926, alla fotografia, grazie ad un impiego temporaneo presso la filiale della ditta di materiali fotografici Hausamann & Co. di San Gallo di Berna. I suoi primi lavori sono caratterizzati da un interesse per la ripresa di episodi, scorci e particolari della realtà quotidiana. La sua vita ricca di viaggi e di soddisfazione nella veste di fotogiornalista, vicino ai temi del cosiddetto ‘reportage umanista’, secondo un termine francese assai in voga, viene però addolorata dai primi segnali nel 1935 della sclerosi multipla, di cui soffrirà fino alla fine dei suoi giorni, a Kusnacht il 29 dicembre 1969.
Il 16 marzo 1938 Schuh decide di partire in nave da Genova per l’Indonesia, dove visiterà per un anno le isole di Sumatra, Giava e Bali, un’esperienza che produrrà il volume ‘Inseln der Gotter’, “Isole degli dei”, pubblicato a Zurigo nel 1941, in seguito ristampato e tradotto in più lingue.
La mostra, curata da Francesco Paolo Campione, direttore del Museo delle Culture di Lugano e da Jessica Anais Savoia, in collaborazione con Fotostiftung Scweiz di Winterthur, è l’occasione per conoscere Palazzo Trevisan degli Ulivi, sede del Consolato svizzero di Venezia. In un lungo e confortevole salone ligneo, il visitatore ha modo di ammirare una serie di foto in un impeccabile bianco e nero, che spaziano da panorami naturali di risaie, monti, spiagge e imbarcazioni caratteristiche, a primi piani di vita quotidiana, in cui fanciulle ritratte spesso a seno nudo, forse sulla scia di quel piacere vojeuristico per la fotografia esotica, avrebbero dovuto costituire una fuga dalla crisi economica e sociale che portò in occidente all’affermazione dei totalitarismi. E dunque, ecco che Bali diventa un rifugio per gli occhi intristiti dell’uomo europeo, e le sue immagini, che sembrano sottratte all’idea del tempo, della storia e alle sue crisi, rinnovano per l’eternità una sorta di stato di natura incontaminato.
Schuh si sofferma anche sulla tradizione musicale e teatrale dell’Indonesia, con le maschere, i costumi, le eccezionali orchestre di Gamelan e giovanissime danzatrici che si esibiscono nell’area dei templi. Si respira una religiosità intensa nelle processioni ordinate, nelle quali spicca l’eleganza delle donne, alcune portatrici sulla testa di offerte di frutta per il tempio, altre dirette verso la spiaggia con altre offerte per il mare. Spettacolari anche le foto relative alla cerimonia della cremazione, che mettono in risalto un’alta torre crematoria portata dentro il mare.
L’esposizione, ad ingresso libero, rimane aperta tutti i giorni dalle 11 alle 18 fino al 5 maggio prossimo.