Il 15 ottobre Ita decolla tra i problemi irrisolti di Alitalia

Indetto il primo sciopero della compagnia nel giorno di ripartenza. I sindacati chiedono un ulteriore scivolo di 5 anni della Cig, che copre l’80% dello stipendio. La nuova compagnia decolla senza un marchio.

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Se si fosse al cinema, quella di Alitalia che sta per risorgere nelle sembianze di Ita sarebbe sicuramente un film dell’assurdo che vira verso l’horror, orrore con cui una schiera lunghissima di dirigenti e di vertici sindacali con la connivenza della politica hanno sprecato decine di miliardi di lire e di euro per trasformarela compagnia in un enorme stipendificio inefficiente incapace di svolgere la missione per cui era nata: fare volare gli italiani.

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Quella del prossimo 15 ottobre sarà una ripartenza thriller, visto che i sindacati hanno dichiarato lo sciopero perché il governo appare irremovibile ad allargare le maglie delle assunzioni nella nuova compagnia Ita, fissate a 2.800 unità, con 7.800 della vecchia Alitalia che premono per vedersi assicuratoun futuro attraverso un’ulteriore proroga della cassa integrazione per altri 5 anni, come se quelli già passati – fino a 9 anni retribuiti fino all’80% dello stipendio: un unicum tra i lavoratori italiani! – non fossero già abbondantemente sufficienti, cui dovrebbero aggiungersi altri 3 anni di Naspi.

Eppoi che dire del decollo della nuova Ita senza un marchio? Il “vecchiomarchio di Alitalia è stato posto in vendita ad un costo esorbitante di 290 milioni di euro con la prima asta che è andata ovviamente deserta, innescando così il meccanismo del ribasso del 20% per la seconda asta che, con tutta probabilità, andrà deserta anche quella, fino alla successiva apertura alla trattativa privata tra gli eventuali interessati. Di fatto, è estremamente difficile se non impossibile che il marchio di una compagnia ultra decotta come Alitalia possa valere più di un euro e chi lo acquista lo può fare solo per passione.

Il trasporto aereo in Italia è stato un pozzo senza fondo: oltre a quello del vettore di bandiera, c’è anche la questione dell’efficienza degli scali e del sistema dei ricchi incentivi degli enti gestori rivolti alle compagnie – specie quelle low cost – per fare scalo, con punte anche di 17 euro a passeggero come al “Catullo” di Verona nel 2017. Nel 2019, i 34 aeroporti italiani hanno avuto un traffico medio di 4,2 milioni di passeggeri/anno, mentre i 18 della Germania 11,8 milioni e i 20 scali inglesi 13,3 milioni di passeggeri/anno. Tutto ciò mentre si parla sempre più insistentemente di realizzare nuovi aeroporti e al potenziamento di quelli esistenti.

Già anni addietro, la politica avrebbe dovuto avere il coraggio di tagliare il bubbone Alitalia facendola fallire. Sarebbe costata meno dei 14 miliardi che la compagnia ha pompato dalle tasche dei cittadini sotto forma di continui sussidi per ripianare i costi in rosso e liquidazioni milionarie a qualche manager durato al timone della compagnia di bandiera solo qualche mese.

Ora, stante l’esperienza del passato, non è lecito nutrire aspettative positive per la nuova Ita, che nasce oggettivamente zoppa e con le ali semi tarpate dai vincoli posti dall’Europa per la nascita del nuovo vettore di bandiera. Ancora una volta la domanda è: ma ne vale davvero la pena?

Ecco come la graffiante matita di Domenico La Cava interpreta la situazione.ita

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