Crisi dell’auto in Italia e in Europa: indispensabile cambiare le politiche europee

A settembre nuovo, deciso calo delle vendite in Italia: -32,7%. Serve nella Finanziaria 2022 un deciso ripensamento delle politiche di incentivazione, ad iniziare dall’auto aziendale. 

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crisi dell'auto

A settembre 2021 prosegue la crisi dell’auto in Italia con il nuovo, pesante calo delle vendite (-32,7%), caduta amplificata dal venire meno degli incentivi all’acquisto del nuovo per esaurimento dei fondi (che non saranno rinnovati fino all’anno prossimo, salvo modifiche improbabili dell’ultima ora) che per difficoltà nella catena di approvvigionamento dei componenti del veicolo, con particolare riguardo a quelli elettronici, che ha imposto il rallentamento o la fermata delle catene di montaggio, con pesanti ritardi nella consegna dei veicoli nuovi ai clienti.


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Tutte queste concause, unite ad una politica di settore inadeguata, ha fatto sì che il l’ambito automotive abbia subito un nuovo tracollo destinato con tutta probabilità a protrarsi fino alla fine dell’anno e, forse, anche nel primo semestre 2022.

Per evitare che anche il 2022 sia un anno di crisi dell’auto, serve subito rivedere la politiche legate al mondo dell’auto, sia quelle ambientali che, soprattutto, quelle fiscali, avendo ben presente che il settore è fondamentale per assicurare l’occupazione di centinaia di migliaia di addetti diretti ed indiretti (a livello europeo il settore assicura oltre il 6% dell’occupazione totale con oltre 14 milioni di addetti) e volano della ricerca e sviluppo di nuove tecnologie e materiali, come ben dimostra il mondo delle competizioni.

Quanto alle politiche ambientali, considerato che il settore pesa limitatamente sul complesso dell’inquinamento, serve abbandonarel’incentivazione spinta all’elettrificazione del settore che serve solo a spostare l’inquinamento dalla strada alle centrali di produzione energetica e alle fabbriche delle batterie, spingendo sull’incremento della produzione di carburanti a ridotto impatto ambientale – già commercialmente disponibili – che hanno il non trascurabile vantaggio di incidere su tutto il parco circolante e di utilizzare la rete distributiva già esistente. Ridurre l’inquinamento del parco veicoli già circolante – di cui oltre 11 milioni a standard ante Euro 4, ovvero molto inquinanti – dovrebbe essere l’imperativo per ogni politico minimamente avveduto, oltretutto a costi decisamente inferiori rispetto allo scenario dell’elettrificazione a marce forzate finora seguito.

Quanto alle politiche fiscali, da sempre l’auto in Italia è stata penalizzata, sia per l’uso privato che per quello aziendale. Serve invertire la rotta, riducendo i costi d’uso, ad iniziare da carburanti meno costosi – in Italia c’è il record europeo – anche a vantaggiodell’appetibilità della destinazione turistica Italia per gli arrivi dall’estero, e applicando all’auto aziendale il regime fiscale vigente inEuropa, da oltre trent’anni continuamente derogato dall’Italia. Oggi, su un’auto nuova del valore di circa 30.000 euro, l’azienda può dedurne solo un sesto, circa 5.000 euro, mentre il resto sono costi indeducibili che pesano sulla competitività delle aziende italianerispetto ai loro competitori esteri che applicano una deducibilità al 100% del costo d’acquisto e dell’Iva.

Allineare l’auto aziendale all’Europa servirebbe anche a vendere almeno 150.000 veicoli in più all’anno, limitando parzialmente la crisi dell’auto, ad assicurare una maggiore rotazione del parco (le aziende cambiano veicolo a termine ammortamento, ogni 3-5 anni al massimo, mentre un privato la tiene almeno 10 se non anche 20 anni), a vantaggio di una maggiore sicurezza dei veicoli circolanti e di un minore impatto ambientale,assicurando poi anche sul mercato dell’usato veicoli mediamente piùfreschi” di oggi.

Ecco come la graffiante matita di Domenico La Cava interpreta la situazione.crisi dell'auto

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