Consiglieri regionali Trentino Alto Adige: arriva una mancetta da 10.000 euro

Sono scattati gli arretrati che portano le indennità nette a oltre 16.000 euro, oltre ad altre indennità di carica esentasse. Aggiustato anche il costo della vita su quello più caro locale che su quello nazionale. 

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Festeggiano i consiglieri regionali del Trentino Alto Adige, soprattutto quelli targati Svp, Lega e Forza Italia che nelle scorse settimane hanno votato lo sblocco degli arretrati relativi agli adeguamenti al costo della vita delle indennità consiliari: un provvedimento che ha fatto sì che le indennità di settembre, le “buste paga” dei consiglieri, sfondino il soffitto di cristallo dei 10.000 euro lordi mensili, portandole in alcuni casi anche oltre i 30.000 euro lordi.

Di fatto, la “manna” è arrivata soprattutto per i consiglieri con all’attivo più legislature, quelli che maggiormente avevano “sofferto” il congelamento degli aumenti dovuti al rincaro del costo della vita deliberato 9 anni fa. Mancato adeguamento che ha fatto maturare bei gruzzoletti, ora restituiti alle tasche dei consiglieri bisognosi, specie quelli Svp che più degli altri si sono battuti per lo scongelamento degli aumenti, ad iniziare proprio dal nuovo presidente del Consiglio regionale, Josef Noggler.

Si noti bene anche un altro dettaglio non trascurabile: mentre per la totalità dei lavoratori l’adeguamento al costo della vita delle buste paga viene calcolato sull’indice nazionale che è una media dei vari aumenti territoriali, per i soli consiglieri regionali del Trentino Alto Adige ciò viene calcolato sull’effettivo aumento locale, decisamente più alto che altrove, con il risultato che da settembre in poi la busta paga standard di un consigliere sfonderà il tetto psicologico dei 10.000 euro lordi, portandosi a 10.251 euro mensili, rispetto ai precedenti 9.800. 451 euro lordi mensili in più per consentire ai consiglieri di arrivare alla fine del mese. Oltre all’indennità di base, l’aumento ha avuto effetto anche sui rimborsi spese, 700 euro lordi/mese, lievitati di altri 32 euro/mese.

L’aumento scattato ora, tra due anni, con l’avvio della nuova legislatura, ne porterà con sé un altro di probabile analogo importo, riaprendo la strada ad una nuova, veloce crescita dei costi della politica in Regione dopo gli anni di magra. Cosa che non sarebbe in sé negativa, se il lauto emolumento fosse ripagato da almeno analogo livello qualitativo dei rappresentanti del popolo, ad iniziare dalla conoscenza dell’italiano, oltre che la competenza professionale minimale per comprendere ciò che si sta votando.

Insomma, dopo nove anni di carestia, per gli eletti torna un po’ di bengodi. Peccato che altrettanto non accada per tutti gli altri cittadini, cosa evidenziata dalle forze politiche che hanno avversato lo sblocco degli aumenti, ad iniziare da Fratelli d’Italia, Onda Civica, M5s, Verdi, Futura e Pd, che hanno annunciato di restituire gli aumenti o di devolverli a finalità di utilità sociale.

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