Continua a crescere il costo dell’energia per le imprese del Terziario: Confcommercio stima, «per il prossimo mese di ottobre, incrementi dei costi per le imprese che potranno attestarsi sul 42% per l’elettricità e sul 38% per il gas. Si prevede che già dal prossimo mese di ottobre, il Prezzo Unico Nazionale (Pun) possa registrare un incremento di quasi il 50% rispetto al trimestre precedente e di oltre il 400% rispetto al corrispondente trimestre del 2020. Ciò, a sua volta, determinerà effetti significativi sull’andamento dell’inflazione nel breve termine».
«La crisi che sta investendo i mercati dell’elettricità e del gas non ha paragoni con il recente passato ed ha una gravità che richiede misure urgenti ed immediate – spiega Confcommercio -. Il dato trova conforto dall’andamento dei prezzi dell’elettricità nel mercato all’ingrosso. In data 16 settembre, il prezzo medio giornaliero in Italia ha raggiunto il record di 183,42 euro a megawatt/ora. Soltanto un anno fa, nel secondo trimestre 2020, il prezzo medio giornaliero dell’elettricità nel mercato all’ingrosso si attestava intorno ai 24,8 euro/MWh. I prezzi del gas sono invece passati da una media del 2020 di 10 euro per megawattora a 170 euro».
Effetti che saranno pesanti per le varie aziende del Terziario: «a legislazione vigente e con gli automatismi in essere – secondo elaborazioni di Confcommercio con Nomisma Energia – per un negozio con potenza impegnata di 35 chilowattora e consumo annuo di 75.000 chilowattora, la maggiore spesa per la bolletta elettrica sarebbe di oltre 6.000 euro su base annua su un totale di 19.000 euro. Per un ristorante con potenza impegnata di 50 chilowattora e consumo di 100.000 chilowattora in un anno, la maggiore spesa per la bolletta elettrica sarebbe intorno ai 8.500 euroannui su un totale di 28.000 euro – aggiunge Confcommercio -. Per un albergo con potenza impegnata di 90 chilowattora e consumo 260.000 chilowattora in un anno, la maggiore spesa per la bolletta elettrica sarebbe intorno ai 20.000 euro annui su un totale di 65.000euro».
A questi costi s’aggiunge anche la voce gas metano, anch’essa soggetta a forti rincari: «l’aumento ammonta ad altri 8.000 euro per un albergo tipo su un totale annuo di 19.000 euro – sottolinea Confcommercio -. Il trend in rialzo è determinato dalla forte ascesa del prezzo del gas naturale – ancora oggi componente principale della produzione elettrica nelle centrali termoelettriche italiane – e dalla contestuale accelerazione della crescita dei prezzi dei permessi di emissione di CO2 (che sta incentivando la sostituzione del carbone con il gas nella produzione termoelettrica). A ciò deve aggiungersi la crescita della domanda attesa di gas per il riempimento degli stoccaggi, caratterizzati quest’anno da livelli storicamente bassi, in concorrenza con la domanda per la produzione elettrica nella stagione più calda».
A pesare sulle bollette per quasi un quarto dell’importo totale sono anche oneri estranei al mero fattore energetico: a spingere al rialzo i costi ci sono anche gli oneri generali di sistema volti ad incentivare le fonti rinnovabili o lo smantellamento delle centrali nucleari dismesse che, a partire dal 2015, pesano per circa 15 miliardi di euro annui.
Di qui l’appello di Confcommercio al governo Draghi perché «intervenga subito, innanzitutto trasferendo questi oneri nella fiscalità generale e provvedendo al relativo finanziamento tramite l’istituzione di un apposito Fondo da gestire secondo le regole di finanza pubblica. In un primo momento – e in attesa di una riforma complessiva e strutturale degli oneri generali di sistema – dovrebbero essere da subito espunti dalla bolletta elettrica gli oneri non direttamente connessi ad obiettivi di sviluppo ambientalmente sostenibile o ad obiettivi di contrasto alla povertà energetica. Tali trasferimenti consentirebbero una riduzione degli oneri generali stimabile intorno ai 2,2 miliardi di euro all’anno».
Nel calcolo della tariffa elettrica emerge anche un problema affatto trascurabile: seppure siano prive di emissioni inquinanti, l’energia da fonte idroelettrica, eolica e fotovoltaica è sottoposta come tutte le altre agli oneri aggiuntivi sulle emissioni, in quanto il prezzo dell’energia è unico su tutto il mercato. Ciò comporta una sostanziale distorsione del mercato, a danno dei consumatori, visto che le aziende produttrici conoscono le caratteristiche di ogni chilowattora prodotto, tanto che molte fanno vanto di garantire ai consumatori la possibilità di acquistare solo energia“verde”. Ecco, questo tipo di energia elettrica dovrebbe essere venduto agli utilizzatori – a partire da quelli nei luoghi dove è prodotta all’insegna del “km0” – senza ulteriori aggravi ambientali, a tutto vantaggio del calmieramento dei prezzi finali.
Intanto, dalla politica si propone anche l’introduzione del “differenziale montagna” nella bolletta energetica: la proposta arriva dal deputato azzurro Dario Bond, secondo cui «la montagna, dal punto di vista dei costi dell’energia, è un’area svantaggiata: fa più freddo, l’inverno comincia prima e finisce dopo, e anche la gestione dei servizi ha un costo energetico differente. Allora lancio l’appello al governo, ai ministri D’Incà e Franco che sono anche Bellunesi, gente che conosce la realtà della montagna: introducano il “differenziale montagna”, anche con un’applicazione di aliquota Iva o di accisa inferiore sull’energia. È un controsenso che territori produttori di energia idroelettrica e da biomassa siano costretti a pagare di più la bolletta rispetto ad altre aree, solo perché le condizioni ambientali del territorio rendono elevati gli oneri di riscaldamento. Bisogna intervenire, anche per evitare un ulteriore spopolamento delle “terre alte”».
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