In Italia è urgente arrivare al più presto alla definizione di una strategia di filiera integrata delle foreste, del legno e della sua lavorazione: è un settore strategico sia per l’ambiente – che produce importantissimo ossigeno e che preleva dall’atmosfera la dannosa anidride carbonica – che va tutelato e presidiato anche per prevenire incendi, dissesti idrogeologici e la diffusione di malattie fitosanitarie, che per l’economia, visto che per la risorsa legno si sta assistendo ad una sorta di rinascimento dei suoi utilizzi anche in impieghi complessi come quelli dell’edilizia e delle infrastrutture, senza tralasciare un settore storicamente strategico per la manifattura italiana come quello del mobile.
«Sono profondamente convinto che il comparto meriti decisamente più attenzione da parte di tutti gli amministratori pubblici, ad iniziare dal governoche sta per mettere a terra il Piano nazionale di ripresa e resilienza – afferma Dario Bond, deputato di Forza Italia e presidente del Fondo Comuni di Confine -. Oltre ad intervenire sul settore forestale, assicurando più manutenzione alle aree boschive, sia in funzione di prevenzione degli incendi che per recuperare preziosa biomassa per impieghi energetici, serve intervenire sul settore della prima lavorazione del legno, campo in cui oggi l’Italia è deficitaria, con il risultato che il legno grezzo – i tronchi tagliati – vengono esportati all’estero per la prima lavorazione e quelle successive, con la conseguenza che l’Italia reimporta prodotti finiti – soprattutto tavolame e pannelli Xlam – lasciando all’estero il maggiore valore aggiunto. In Italia rimane solo la parte derivante dal recupero e riciclaggio del legno vecchio che va a produrre pannelli in compensato, truciolato e medium densityper l’industria del mobile e degli arredi. Davvero un po’ poco».
Decisamente sotto le potenzialità del settore, specie se si considera che la produzione complessiva della filiera legno-arredo si attesta a 39 miliardi di euro (21 miliardi vale il macrosistema dell’arredamento), di cui 15 miliardi di euro destinati all’export, oltre 300.000 addetti e 71.500 imprese, con un saldo commerciale attivo di 7,6 miliardi di euro. «Sono cifre che devono suscitare attenzione e rispetto per tutto il settore e che potrebbero crescere notevolmente con una migliore politica di gestione forestale in una strategia di filiera» sottolinea Bond.
Secondo l’ultimo aggiornamento 2020 del piano forestale italiano, nel periodo 2015-2020 le foreste italiane hanno continuato a espandersi, guadagnando 270.000 ettari, qualcosa come l’intera provincia di Modena (+320.000 ettari considerando anche le aree boscate, ecosistemi assimilabili alle foreste come la macchia mediterranea). Oggi occupano ben 11,4 milioni di ettari, quasi il 40% della superficie nazionale: di queste, 9,6 milioni sono foreste, 1,8 milioni altre aree boscate. L’incremento percentuale nel quinquennio è del 2,9%, negli ultimi trent’anni del 25% e negli ultimi 80 addirittura del 75%.
Per Bond, «curando meglio prelievi e reimpianti, gestendo accuratamente le essenze arboree nell’ambito di una strategia di filiera per assicurare, da un lato, la biodiversità e la sicurezza sanitaria ed idrogeologica dei boschi e, dall’altro, le esigenze dell’industria del legno, si può puntare ad avere una minore dipendenza dall’estero dalle importazioni di tavolame e di Xlam, mentre per i pannelli la situazione è decisamente migliore».
Bond punta «sul rilancio degli impianti di prima lavorazione presenti sul territorio – attualmente carenti – in modo da gestire in modo ottimale la risorsa bosco e legno, assicurandone anche la compatibilità ambientale e la tracciabilità di filiera del prodotto finale. Ciò anche per prepararsi ad eventi disastrosi come la tempesta Vaia del 2018 che, per mancanza di adeguate strutture di prima lavorazione, ha costretto ad esportare a prezzi irrisori – se non a regalare – il legno schiantato, danneggiando tutta la filiera, mentre oggi i prezzi del legno, specie quello da carpenteria trainato dal “Superbous 110%”, sono alle stelle per via della mancanza di materiale. Ecco – conclude Bond -, una migliore gestione di tutta la filieraconsentirebbe di programmare adeguatamente i flussi del materiale per evitare carenze e picchi speculativi, a vantaggio di tutta la filiera e anche del mercato».
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