Dal 6 agosto scatta l’obbligo generalizzato di “Green pass” per fruire di una serie di servizi pubblici, con ciò stabilendo l’obbligatorietàdi fatto della vaccinazione anti Covid-19 che una politica pavida non ha avuto il coraggio di stabilire apertamente obbligatoria, assumendosene le responsabilità dirette, anche per gli eventuali effetti secondari indesiderati che dovessero scaturire dalla vaccinazione.
In “Zona bianca”, attualmente tutta la Penisola (ma alcune regioni sono in predicato a passare a “Zona gialla” entro pochi giorni per via della crescita esponenziale dei casi da Covid-19 collegati alla quarta ondata causata dalla variante “Delta” o indiana) si potrà entrare in qualunque esercizio che fornisca ristorazione al tavolo e al chiuso solo con il “Green pass”. Lo stesso per accedere a spettacoli pubblici, eventi e competizioni sportive; musei, mostre ed eventi culturali; piscine, palestre e centri benessere (anche in strutture ricettive, ma solo per attività al chiuso), sagre, fiere, convegni e congressi; centri termali, parchi tematici e di divertimento; centri culturali, sociali e ricreativi; sale gioco, sale scommesse, bingo e casinò; concorsi pubblici.
Il “Green pass” dovrà attestare di aver fatto almeno una dose di vaccino (una previsione, questa, che molti reputano inefficace, in quanto solo con la doppia dose si raggiunge l’immunizzazione), oppure essere risultati negativi a un tampone molecolare o rapidonelle 48 ore precedenti, oppure di essere guariti da Covid-19 nei sei mesi precedenti.
Il “Green pass” si applica a tutte le attività e i servizi autorizzati in base al livello di rischio della zona. È richiesta in “Zona bianca” ma anche nella “Zone gialla”, “Zona arancione” e “Zona rossa”, dove i servizi e le attività siano consentiti. Regioni e province autonomepossono prevedere altri utilizzi del “Green pass”.
I problemi nascono sia per le famiglie con minori che per gli operatori dei servizi pubblici interessati. Per una famiglia in vacanza che vuole andare al ristorante, sia in albergo che fuori, deve fare ogni due giorni il tampone ai figli minori, con un considerevole aggravio di spesa (mediamente 20-25 euro cadauno) specie se i figli sono numerosi. Per i gestori il problema sta nello svolgere una funzione prettamente di ordine pubblico cui non sono preparati né legittimati a svolgere, in quanto la norma riserva la funzione di controllo e di identificazione delle persone solo a persone munite della qualifica di operatore di pubblica sicurezza.
Insomma, si è di fronte all’ennesimo casino all’italiana dove sarà necessario un notevole grado di elasticità per affrontarlo e per evitareil nuovo tracollo delle attività economiche che ancora sopravvivono dopo due anni di crisi.
Ecco come la graffiante matita di Domenico La Cava interpreta la situazione.
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