Dopo i consensi per l’approvazione da parte del Consiglio dei ministri, il decreto legge sulle grandi navi a Venezia comincia a registrare i primi aperti dissensi, legati soprattutto alle modalità di gestione del passaggio a partire dal primo agosto prossimo degli approdi delle crociere a Marghera e la conseguente concessione dei terminal, ai ristori per i lavoratori, con grosse incognite sulla crocieristica in Laguna.
Un plauso all’iniziativa del governo Draghi viene dalla direttrice generale dell’Unesco, Audrey Azoulay, che definisce la decisione «una gran bella notizia e un passo importante, che contribuisce in modo significativo alla tutela di questo luogo straordinario Patrimonio dell’Umanità», su cui l’agenzia dell’Onu aveva minacciato una revisione del giudizio in caso di ulteriori tentennamenti.
In città la decisione del governo è criticata apertamente, sia dai favorevoli sia dai contrari ai passaggi delle navi da crociera. I comitati “No Navi” stigmatizzano il fatto che «le compagnie non risarciscono i danni provocati alla città e ai suoi abitanti, ma vengono indennizzate per non passare più davanti a San Marco».
Gli armatori della Clia non sono contrari aprioristicamente ad approdi alternativi, mentre la Venezia Terminal Passeggeri (Vtp), nella cui compagine figurano anche le società crocieristiche, sostiene che il decreto «di fatto cancella arbitrariamente la possibilità di utilizzo del terminal di Marittima in concessione a Vtp fino al 2025, cancellando la concessione in modo unilaterale, violando norme nazionali e comunitarie».
La situazione avrà il suo epilogo entro un paio di settimane, quando a Venezia arriveranno le ultime tre crociere prima della fermata definitiva.
Da parte degli albergatori si paventa invece il ritorno di «valanghe di torpedoni – ha detto il direttore dell’Ava, Claudio Scarpa – che scaricheranno turisti pendolari e non stanziali. Così si scalano i costi, ma diminuiscono i guadagni».
Chi guarda avanti è il presidente di Conftrasporto Confcommercio, Paolo Uggè che «invita al governo di migliorare il decreto in fase di conversione in legge per definire i tempi della disponibilità dei primi accostia Marghera. Per evitare che la prossima stagione, che dovrebbe essere quella della piena ripresa dopo il duro colpo inferto dalla pandemia al settore, possa subire contraccolpi, è necessario avere la certezza che per marzo 2022 gli accosti siano pronti».
«Al ministro Franceschini, che oggi esulta – punge Uggè -, vogliamo ricordare che se questa decisione fosse stata assunta, come chiedevamo, dal governo Conte di cui faceva parte, a quest’ora gli accosti a Marghera, adeguati durante il confinamento, sarebbero stati pronti e si sarebbero evitati durissimi effetti sui lavoratori e le imprese di uno dei principali porti italiani».
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