Denis Paoli come Alessandro Savoi: è bastato uno sbrocco lessicale del consigliere regionale leghistarivolto ad una collega dei SüdTiroler Freiheit, Myriam Atz Tammerle, per bloccare i lavori d’aula impegnata nella “staffetta” di metà legislatura all’insegna dell’alternanza etnica dei vertici degli organismi della regione Trentino Alto Adige.
Nel corso della seduta, i lavori si erano svolti senza grandi intoppi con l’alternanza dei vertici dell’assemblealegislativa, dove l’esponente Svp Josef Noggler ha preso il posto del leghista Roberto Paccher, che ora diventa vice. Eletto anche il vice ladino, confermato Luca Guglielmi.
I problemi per la maggioranza regionale Lega-Svp-Patt nascono alla ripresa dei lavori al pomeriggio, mentre il presidente della regione in pectore (ora vice), il leghista Maurizio Fugatti, è impegnato nella lettura del discorso programmatico della seconda metà della legislatura.
Nel corso della lettura degli obiettivi dell’eligendo presidente, a Fugatti scappa un richiamo secco e poco garbato ad un paio di dipendenti del Consiglio regionale che, parlando a voce non troppo bassa, lo infastidiscono nella lettura delle dichiarazioni programmatiche. Un “Oh!”, quello profferito dall’esponenteleghista, che ha fatto scattare le critiche da parte degli esponenti dell’opposizione, che in sede di discussione criticano Fugatti per il suo comportamento nei confronti dei due funzionari. Tocca proprio alla Atz Tammerle dare la svolta al pomeriggio politico: l’esponente di SüdTiroler Freiheit aveva rimbrottato Fugatti perché durante il suo discorso sulle linee programmatiche si era rivolto con un “Oh!”: «si possonousare le parole più belle nelle linee programmatiche, ma rivolgersi a un’altra persona richiamandola con un “Oh!”, e questo nella prima uscita pubblica del nuovo presidente, annulla tutto. Viene da chiedersi se questa sia la persona giusta per rappresentare la Regione». Boom!
La dichiarazione della giovane Atz Tammerle ha avuto l’effetto di uno sventolamento del drappo rosso dinanzi ad un toro inferocito e come tale il giovane consigliere leghista Denis Paoli ha caricato di brutto a testa bassa: «credo che questa consigliera non sapesse bene cosa dire. Fugatti ha usato un linguaggio normale, mentre se si deve parlare di forma e serietà possiamo anche dire alla consigliera che non siamo ad un pigiama-party e avrebbe dovuto vestirsi in maniera più seria».
Ad una critica politica, il leghista Paoli replica con un attacco in chiave sessista relativa alla maglietta di color rosa indossata dalla consigliera. Una reazione che ha fatto scattare la replica rabbiosa delle minoranze che hanno rincarato: Sven Knoll, intervenuto a difesa della collega di partito, ha rincarato affermando come in Aula la consigliera Atz Tammerle si era sentita dire anche «non dire cazzate», mentre la collega Foppa si è sentita apostrofare «non rompere le palle».
Da lì è iniziato l’Aventino da parte delle minoranze, che in carenza di scuse formali da parte del torello leghista abbandonava l’Aula facendo mancare il numero legale necessario per l’elezione del presidentedella giunta regionale. Una cosa mai accaduta prima, tant’è che i lavori sono stati rimandati al prossimo 7 luglio, mentre nel frattempo toccherà all’assessore regionale uscente anziano a reggere le sorti dell’ente, il forzista Giorgio Leonardi.
Amareggiato dell’epilogo della seduta del Consiglio regionale il presidente in pectore Fugatti, che ancora una volta ha constatato la pochezza del suo gruppo consiliare, il secondo dopo quello della Svp. Il risultato di una Lega che, nel 2018, ha cavalcato il successo travolgente di un Salvini sulla cresta dell’onda, portando il Carroccio trentino da uno a ben 14 consiglieri, ridotti successivamente a 11 con le varie diaspore, che sono tutto fuorché capaci e granitici, tanto che basta un nonnulla per fare crollare gli eventi. Anche l’aver messo in lista persone scelte più (anzi, esclusivamente) con il metro della fiduciaassoluta e acritica verso il ras locale che con quello della capacità e competenza pone non pochi probleminella gestione quotidiana dell’Autonomia speciale da parte della Lega trentina. E i risultati si vedono chiaramente, con un governo provinciale del Trentino sempre più in affanno e privo di una reale strategia politica di medio lungo periodo, tanto da fare pure rimpiangere la gestione di un già non eccelso Ugo Rossi. Con il risultato che le diaspore dei mesi scorsi dal gruppo consigliare gestito da Mara Dalzocchionon saranno di certo le ultime, anche in vista dell’appuntamento elettorale del 2023, quando sarà molto difficile ripetere l’exploit elettorale del 2018.
Intanto, tornando alle dichiarazioni programmatiche di Fugatti come presidente della Regione, alcuni passaggi volti al rilancio e rafforzamento dell’ente sono condivisibili e pure necessari, anche perché sono molte le problematiche di carattere programmatorio e gestionale andrebbero governate non più su base provinciale come oggi, ma su base regionale per assicurare sufficienti economie di scala (1.100.000 persone contro poco più di mezzo milione a livello provinciale). Di più: proprio per garantire il rilancio della regione sarebbe utile far cessare la staffetta etnica al vertice tra i due rispettivi presidenti delle due province autonome. Sarebbe utile che alla guida della regione ci fosse un politico a tempo pieno (e non a tempo molto parziale come oggi, con la guida della provincia che assorbe decisamente più tempo), magari un politico pure capace di buona amministrazione, visione e strategia politica.
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