La valle del torrente Leno (e in misura minore quella dell’Adige) potrebbe essere stata teatro di un clamoroso disastro ambientale su cui regna un silenzio ora interrotto da alcune forze politiche come Rinascita Rovereto e Onda Civica Trentino che hanno depositato un’interrogazione e un esposto alla Procura della Repubblica del Tribunale di Rovereto ipotizzando il disastro ambientale e la discarica abusiva.
Secondo quanto esposto dalla consigliere comunale di Rinascita, Gloria Canestrini, e dal consigliere provinciale di Onda Civica, Filippo Degasperi, il lago artificiale della Busa, presso Raossi di Vallarsa, è stato realizzato a fine anni Cinquanta per raccogliere le acque del Leno e del rio Piazza e rilanciarle, attraverso pompe e condotte verso la sovrastante diga di Speccheri.
Nel 2018 il concessionario AGSM (la municipalizzata di Verona) decide di asportare 8.000 metri cubi di materiale accumulatosi a ridosso del muro della diga all’interno del lago della Busa, mai dragato dal 1959.
Il bacino conteneva ormai una quantità di sedimenti e limo tale che ne occupava il 30% del volume, almeno 150.000 metri cubi di materiale portato dal Leno per lo più nel punto distante dalla diga e via via a diminuire man mano che ci si avvicinava ad essa. Il problema per AGSM era costituito soprattutto dai citati 8.000 metri cubi vicino alla struttura e alle relative prese di fondo e di sfioro portati dal rio Piazza. La presenza di questo accumulo infatti, rendeva difficoltoso manovrare con le prese per la laminazione delle piene, ma anche per il deflusso minimo vitale.
Per tale operazione, AGSM appalta i lavori ad una ditta di scavi dietro un corrispettivo di circa 500.000 euro. Con un intervento preparatorio molto complesso si procede quindi a creare un percorso di discesa sopra il rio Piazza per scendere con le ruspe. Arrivare dal fondo della diga era infatti improponibile vista la presenza di enormi quantità di limo da superare.
I lavori iniziano a fine estate 2018 (foto 1) con la precisa prescrizione di svuotare il lago sifonando l’acqua senza aprire le varie prese per non compromettere l’ecosistema e la morfologia del torrente Leno a valle della diga. Tale prescrizione proviene dalla Conferenza dei servizi appositamente costituita da Ministero dell’Ambiente, Ministero dei Lavori pubblici, vari servizi PAT, APPA e comune di Vallarsa.
Con circa 400 viaggi di camion da cava parte la rimozione del materiale che viene depositato presso due aree, una di proprietà comunale in prossimità della frazione Corte a Raossi di Vallarsa, e l’altro di proprietàAGSM in area recintata ed occultata alla vista in loc. Poiani nella frazione Piano di Vallarsa.
I lavori si interrompono in autunno 2018 quando una piena novembrina riempie nuovamente il lago. A quel punto, AGSM, adducendo (ma solo a posteriori) il rischio danni per i propri impianti decide di aprire lo scarico di fondo da cui fuoriescono 80/90.000 metri cubi di limo che intorbidiscono il corso del torrente Leno per settimane, distruggendo ogni forma di vita nel corpo acquifero. Le segnalazioni allarmate dai residenti che riconoscono l’eccezionalità del fenomeno, comportano l’intervento dei carabinieri, dei forestali e del guardiapesca.
A disastro concluso (foto 2) vengono bloccati i lavori, ma non pare che lo scarico di fondo venga richiuso. Infatti all’inizio della primavera 2019 un’altra piena svuota quello che resta nell’intero bacino ovvero altri 60/70.000 cubi di limo. Nell’occasione anche i turbidimetri applicati dalla Provincia a valle del lago “segnalano qualcosa di anomalo”.
A quel punto interviene l’Associazione pescatori Vallagarina che rileva come il torrente Leno sia completamente sterilizzato per la parte di fauna e flora perché ricoperto lungo gli 8 km fino al Lago di S. Colombano da mezzo metro di limo (foto 3), ricoperto a sua volta da spessori variabili che vanno dal metro fino ai 5 metridi ghiaia e materiale vario. Oltre a questo ci sono tutte le tubazioni plastiche e metalliche nonché le attrezzature di proprietà della ditta esecutrice dei lavori all’interno del lago della Busa, solo parzialmente recuperate nei mesi successivi.
Durante la primavera 2019 le ruspe ripristinano le condizioni del rio Piazza che a questo punto non serve più come via d’accesso al bacino: a monte dello stesso si è aperta un’autostrada. Spariti i depositi di limo, ruspe e camion si muovono liberamente spostando materiale, diluendolo nelle acque del Leno per farlo defluire ancora a valle della diga.
I servizi della Provincia di Trento eseguono sopralluoghi su pressione dell’Associazione pescatori riscontrando evidenti presenze di depositi organici che in 60 anni hanno costituito una sorta di percolatoo di precursore del petrolio. Dove sia finito questo materiale che andrebbe smaltito con appositi protocolli non è noto.
In valle non viene data nessuna comunicazione ufficiale su quanto accaduto e si evita elegantemente di affrontare le questioni del ripristino delle aree interessate oltre che di eventuali risarcimenti.
Dalle ricostruzioni emerge che solo il guardiapesca avrebbe elevato sanzioni, esclusivamente alla ditta esecutrice perché trovata a prelevare il limo dai bordi del bacino per poi rilasciarlo nel canale che il torrente aveva scavato asportando il materiale poi finito a valle della diga.
Ma non è finita. Nell’estate del 2019 AGSM esegue un lavaggio di pompe e tubi che per altri due giorni rendono il torrente Leno “lattiginoso” con nuovi apporti di limo.
A quanto consta, la sola Associazione Pescatori inizia a trattare con AGSM per un risarcimento per ciò che gli compete ovvero devastazione aree di pesca, reintroduzione fauna e flora in torrente ecc.
Nell’autunno 2019 il lago della Busa viene reinvasato trovandosi ripulito da limo e sedimenti con una spesa effettiva di soli 500.000 euro sostenuta per la rimozione degli 8.000 metri cubi mentre gli altri 150.000 sarebbero stati eliminati “fortuitamente” grazie agli eventi meteo e, soprattutto, a costo zero per il concessionario idroelettrico scaligero.
Il torrente Leno ha cambiato totalmente la sua morfologia con qualche ricaduta (pare) anche verso il lago di S. Colombano per la “gioia” del concessionario dell’impianto (Azienda Servizi Rovereto), che però tace.
Da questa ricostruzione, una serie di domande alla provincia di Trento e un sollecito alla Procura del Tribunale ad aprire un’indagine ufficiale per accertare i fatti e le rispettive responsabilità.
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