Se l’economia italiana non riparte con sufficiente energia è dovuto anche per la mancanza di liquidità da parte delle aziende fornitrici della pubblica amministrazione, realtà che si dimostra sempre essere una cattiva pagatrice che, nel solo 2020, ha accresciuto il proprio monte debiti verso i fornitori di ben 10 miliardi di euro, a quota 52 miliardi.
I conti li ha fatti l’Ufficio studi della Cgia di Mestre che ha verificato come, nonostante tutto, ci sia un’accelerazione complessiva dei tempi di pagamento: nel corso del 2020, il comparto pubblico ha ricevuto dai propri fornitori fatture per un importo complessivo pari a 152,7 miliardi di euro, ma ne hapagati 142,7, concorrendo ad aumentare il debito commerciale di altri 10 miliardi di euro.
Secondo l’Eurostat, negli ultimi anni il debito commerciale di sola parte corrente della pubblica amministrazione continua a crescere. Se nel 2017 era pari a 45,2 miliardi, l’anno successivo è salito a 46,9, per toccare i 48,9 miliardi nel 2019. Nel 2020, infine, si è attestato a 51,9 miliardi di euro; rapportando questi mancati pagamenti al Pil nazionale, in Italia l’incidenza si attesta al 3,1%: dato peggiore fra tutti i 27 Paesi UE. Tra i principali competitor commerciali esteri, la Spagna presenta un misero 0,8% (in termini assoluti il debito è pari a 9,5 miliardi di euro), la Francia l’1,4% (33,2 miliardi di euro) e la Germania l’1,6% (54,2 miliardi di euro). Va altresì sottolineato che tra i paesi appena indicati, nell’annus horribilis della pandemia i debiti commerciali di sola parte corrente sono diminuiti. In Italia, invece, hanno continuato a crescere, registrando un preoccupante +6% rispetto al 2019 (in valori assoluti pari a +3 miliardi di euro).
Con la sentenza pubblicata il 28 gennaio 2020, la Corte di Giustizia Europea ha affermato che l’Italia ha violato l’art. 4 della direttiva UE 2011/7 sui tempi di pagamento nelle transazioni commerciali tra amministrazioni pubbliche e imprese private. Un’altra procedura ancora aperta contro l’Italia riguarda il codice dei contratti pubblici che prevede un termine di pagamento di 45 giorni, quando a livello comunitario la scadenza, invece, è di 30 giorni.
Per risolvere questa annosa questione che sta mettendo a dura prova tantissime Pmi, per la Cgia c’è solo una cosa da fare: prevedere per legge la compensazione secca, diretta e universale tra i crediti certi liquidi ed esigibili maturati da una impresa nei confronti della pubblica amministrazione e i debiti fiscali e contributivi che la stessa deve onorare all’erario. Grazie a questo automatismo si risolverebbe un problema di cattiva pagatrice che si trascina da decenni. Senza liquidità a disposizione, infatti, tanti artigiani e altrettanti piccoli imprenditori e Partite Iva si trovano in grave difficoltà e, paradossalmente, rischiano di dover chiudere definitivamente l’attività, non per debiti, ma per troppi crediti non ancora incassati.
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