Unioncamere Veneto traccia un primo bilancio sull’economia della regione in vista di fine anno, traendone un risultato decisamente in negativo e con prospettive per il 2021 ancora improntate all’incertezza.
«Tra le priorità dei prossimi mesi ci sarà sicuramente l’accesso al credito che con le nuove regole in arrivo dall’1° gennaio 2021 rischia di essere molto più complesso mettendo in difficoltà molte piccole medie imprese. Questo rischia di essere un macigno per il nostro sistema economico – ha esordito Mario Pozza, presidente di Unioncamere Veneto -. Il sistema manifatturiero veneto, nel complesso, ha agganciato il rimbalzo congiunturale nel terzo trimestre. Mancano tuttavia all’appello 5,3 miliardi di export rispetto ai primi 9 mesi del 2019, per una variazione tendenziale che si arresta al -11%. E restano significative alcune differenze fra settori: bene per l’arredo–casa, male per l’occhialeria, chiaroscuro per settori come i macchinari e i mezzi di trasporto (dove si bilanciano tendenze opposte, in base ai mercati di riferimento)».
Per Pozza «è doveroso interrogarsi su come sostenere l’economia nel medio termine. In una fase che ancora per un po’ dovrà fare i conti con l’emergenza sanitaria, ma che non si può continuare soltanto a giocare in difesa».
Secondo Massimo Gallo, analista della Banca d’Italia, «dopo il ritorno a una crescita economica sostenuta nel terzo trimestre, cui hanno contribuito le politiche di sostegno messe in atto dal Governo, dall’Ue e dall’Eurosistema, il recente forte aumento dei contagi si sta riflettendo negativamente sulle prospettive a breve termine. In un clima di grande incertezza, dopo il netto calo del prodotto di quest’anno, si prefigura un graduale recupero nel prossimo biennio».
In Veneto l’effetto della pandemia nei primi 11 mesi del 2020 ha comportato per il settore privato un calo di 37.000 posti di lavoro dipendente rispetto a quanto accaduto nell’analogo periodo del 2019, caduta concentrata nei primi due trimestri e solo modestamente compensata nei mesi seguenti. Il saldo annualizzato continua lentamente a migliorare, ma rimane a novembre negativo per -10.000 posizioni lavorative. Se nel secondo trimestre dell’anno si erano ridotte del -47%, mentre nel terzo il gap era sceso al -8%, da ottobre pare in atto una riapertura della forbice e il differenziale di novembre con l’analogo periodo del 2019 si fissa al -22%.
Tra gennaio e ottobre le giornate lavorate con contratti a termine sono scese rispetto al 2019 di circa 12 milioni (-21%). Se si trasformano queste giornate in lavoratori costantemente impegnati tra gennaio e ottobre, si ottiene un valore vicino ai 39.000 occupati medi in meno rispetto ai 188.000 registrati nell’analogo periodo del 2019 (-13%).
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