Se nei mesi pre Covid-19, gli affitti dei ristoranti incidevano poco più del 10% sul fatturato complessivo delle attività, oggi dopo il confinamento l’affitto dei locali incide per il 30% circa sul ricavato delle tavole calde italiane.
Il settore è destinato a chiudere l’anno con una flessione del volume d’affari di 24,1 miliardi di Euro, pari a circa il 27% in meno rispetto al 2019. Mentre, per contro, gli affitti dei ristoranti sono rimasti invariati. Non a caso, quella degli affitti è diventata una delle maggiori battaglie portate avanti da Fipe-Confcommercio, che ha organizzato un webinar destinato ai propri iscritti su questo tema, mettendo in fila dati, ordinanze dei tribunali e proposte.
«Servono incentivi fiscali per i proprietari di immobili disposti a ridurre temporaneamente i canoni delle locazioni commerciali. Non solo – ha detto il direttore generale di Fipe–Confcommercio, Roberto Calugi -. È essenziale bloccare l’esecuzione degli sfratti fino a fine 2021 e allo stesso tempo dichiarare improcedibili le intimazioni di sfratto per chi, pur non essendo ancora in regola con i pagamenti, ha provveduto almeno parzialmente a saldare le rate arretrate. Queste richieste le abbiamo inserite tra gli emendamenti al decreto “Agosto” e sono certo che governo e parlamento faranno di tutto per venirci incontro».
Luciano Sbraga, direttore del centro studi della Federazione, ha spiegato che chi stipula oggi un nuovo contratto, beneficia di canoni più bassi fino al 15% rispetto a un anno fa e questo vantaggio se lo porta dietro per tutta la durata del contratto che solitamente è di 6+6 anni. Chi invece ne ha già uno in vigore, deve misurarsi con la disponibilità del proprietario a rinegoziare. «In questo modo si creano imprese di serie A e di serie B, con evidenti squilibri di mercato. Da marzo a giugno ristoranti e bar hanno perso in un sol colpo il 67% dei loro fatturati, come è possibile che possano continuare a pagare lo stesso affitto di prima» si domanda Sbraga.
Come al solito, il governo BisConte trascura chi è colpevole di lavorare in proprio, da imprenditore o da professionista. Per tutti costoro, ammortizzatori sociali inesistenti, indennizzi a livello di misere elemosine e totale sottovalutazione del fatto che è l’impresa a creare la ricchezza che la maggioranza di governo delle quattro sinistre ama ridistribuire a chi preferisce stare a casa percependo il reddito di cittadinanza senza alcun controllo e contributo alla società.
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