Nemmeno il tempo di rifiatare per la Biennale di Venezia che è già ora del Festival Internazionale del Teatro. Dopo la conclusione della LXXV mostra del Cinema, è quasi subito iniziato il IIL Festival Internazionale del Teatro con la consegna dei premi all’Arena dei Giardini.
Il direttore del Settore teatro, dopo la soddisfazione espressa dal neopresidente della Biennale, Roberto Cicutto, soddisfatto per essere riuscito a mantenere dal vivo, nell’ordine, il Cinema, il Teatro, la Musica e la Danza, ha letto dapprima la motivazione del Leone d’argento, attribuito ad Alessio Maria Romano. «Con il Leone d’argento è mia intenzione segnalare una figura fondamentale nel teatro, il pedagogo, colui che dà inizio al tutto, occupandosi di trovare ed esaltare talenti prendendosene cura fin dagli esordi».
Alessio Maria Romano, nonostante la giovane età – è nato a Palermo nel 1978 – ha messo a servizio tutto il suo sapere occupandosi dei giovani. Pedagogia come crescita e conoscenza. È regista e coreografo, si occupa di formare gli attori attraverso la disciplina della coreografia, insegnando quanto sia necessaria, soprattutto per la nuova figura dell’attore-performer, la consapevolezza del proprio corpo e quanto un gesto teatrale possa essere più incisivo di una battuta. L’attore è colui che sa incidere con il gesto e il movimento lo spazio scenico, e con la propria voce incide il silenzio. La dedizione di A.M.R. è riconosciuta in tutto il mondo teatrale, grazie alla cura con cui ha seguito e segue ogni suo singolo allievo, prendendosi la responsabilità della consegna nel mondo lavorativo e professionale. Diplomatosi contemporaneamente come attore presso la Scuola del Teatro Stabile di Torino e in Analisi del Movimenti Laban/Bartenieff (C.M.A.) negli U.S.A. e in U.K., ha approfondito così il suo interesse per il movimento scenico e la pedagogia del movimento. Emozionato ed applauditissimo sopra tutto dai molti allievi e collaboratori presenti tra il pubblico, Romano ha letto un lungo testo, di cui riporto alcuni passaggi significativi.
«Alla fine un discorso lo faccio. La questione è che vorrei dire troppe cose e quindi rischierei di stare qui per ore … ma invece il tempo corre e fra qualche ora abbiamo uno spettacolo … si chiama bye bye … un nuovo lavoro che ho preparato con un gruppo di artisti … bravissimi, onesti e buoni, professionisti, lavoratori… sconosciuti. Ma cosa vuol dire essere “conosciuti”? A chi? Con il tempo ho compreso che aiutare gli altri ad essere quello che sono o potrebbero essere, aiuta egoisticamente me stesso ad esistere e a vedermi. Mi vedo riflesso nel corpo dei miei allievi e vedo i loro corpi riflettersi nel loro talento e nelle loro scelte, qualunque esse siano. Non so esattamente come si faccia. Accettare di amare e di morire, questo per me vuol dire insegnare e danzare e creare spettacoli perché io faccio anche questo, si, cerco e ricerco spettacoli non insegno e basta. Si possono fare entrambe le cose! Concludo dedicando questo premio a tutti quelli che si sentono “ombre” e alla scuola, allo studio, all’arte della pedagogia che è creatività folle, passione, sempre, e forza, nascosta, di quello che sarà».
Il Festival Internazionale del Teatro ha attribuito il Leone d’oro alla carriera a Franco Visoli. Nato a Mantova nel 1956, si è diplomato nel 1987 presso il Recording Workshop OH, U.S.A. nel 1987. Dal 1988 ha al suo attivo oltre 100 allestimenti nei maggiori teatri italiani ed esteri collaborando con alcuni tra i più importanti registi della scena italiana ed europea: Thierry Salomon, Peter Stein e Massimo Castri, con cui ha lavorato stabilmente a partire dal 1989 a tutti gli spettacoli messi in scena dal regista. Visioli, felice in volto, ha voluto condividere il premio con tutte quelle persone, mai o poco riconosciute in Italia, che fanno il 50 per cento dello spettacolo: macchinisti, tecnici del suono, delle luci, facchini, etc.
«Con questo Leone – ha esordito Latella – vorrei segnalare una figura che, nel teatro, spesso condiziona la riuscita di uno spettacolo e la sua scrittura scenica: il compositore, disegnatore del suono o se vogliamo drammaturgo del suono». Ecco parte della motivazione. «Franco Visioli è un musicista e sound designer straordinario che ha accompagnato con le sue composizioni sonore i più grandi registi della seconda metà del ’900, facendo da ponte con i registi del XXI secolo. Le sue drammaturgie sonore sono vere e proprie scritture che si aggiungono alla scrittura drammaturgica, creando sinergie che vanno a valorizzare passi fondamentali dell’autore e del regista. Negli ultimi anni Visioli, oltre ad accompagnare registi affermati, si è messo a servizio di giovanissimi registi, aiutandoli a esaltare e a comprendere l’importanza del suono in un processo creativo, esaltando spesso la forza che solo il silenzio può avere. Saper ascoltare il silenzio, non averne paura e non censurarlo»
Proprio sul tema della censura è stato proposto da Latella agli artisti di lavorare in questo Atto Quarto: NASCONDI(NO) della sua direzione. Un titolo che pone – come scrive nella presentazione al catalogo il presidente Cicutto – «un forte accento sulla negazione: “NO” a nascondere tutto quanto si pensa non corrispondere ai criteri per decidere cosa far vedere e cosa no. Ma chi ha stabilito questi criteri, e a quali esigenze, censure, pregiuduzi, finalità rendono conto?».
«La censura esiste anche se viene abilmente nascosta – scrive Latella nel catalogo -. Ho chiesto a tutti di lavorare su questo tema. Quest’anno è come se alla Biennale ci fosse un Padiglione Italia Teatro, con una grande esposizione del teatro italiano, a cui tutti gli artisti collaborano, pensando a uno spettacolo a tema, creato apposta per l’atto quarto».
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