Crisi Ferrarini: presentata nuova proposta di concordato

A fianco della cordata Pini-Ferrarini scende in campo Amco. Critiche dalla politica che paventa l’ennesima svendita all’estero di un marchio alimentare italiano.

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Nuova tappa nella crisi Ferrarini: dopo aver depositato in data 2 maggio il ricorso di preconcordato, ora ha depositato presso il Tribunale di Reggio Emilia la nuova proposta di concordato. Rilancio Industrie Agroalimentari, società neocostituita e partecipata da Pini Italia insieme ad Amco, quale partner finanziario, deterrà, in caso di omologazione da parte del Tribunale, l’intero capitale di Ferrarini. 

Il piano proposto da Pini in collaborazione con la famiglia Ferrarini costituisce una risposta alla proposta avanzata qualche giorno fa dalla cordata formata dal Gruppo Bonterre e dalla cooperativa mantovana di allevatori di suini Opas e Hp, sostenuti finanziariamente da Unicredit e Intesa Sanpaolo.

Tornando alla proposta avanzata da Rilancio Industrie Agroalimentari per risolvere la crisi Ferrarini, la nuova società porterà «le risorse finanziarie necessarie a sottoscrivere e versare un aumento di capitale minimo di 10 milioni di euro» con la possibilità, una volta compiute le operazioni che saranno condivise e necessarie per l’esecuzione del piano, di «sottoscrivere e versare un maggior aumento, non superiore a 20 milioni di euro». 

Rilancio Industrie Agroalimentari si occuperà della gestione in continuità con il passato, potendo disporre del bagaglio tecnico di produzione e delle relazioni con la rete di distribuzione. Verranno assicurate le migliori «condizioni per il rilancio dell’impresa, salvaguardati i livelli occupazionali, evitate ricadute negative sull’indotto e soddisfatti i creditori privilegiati ed in prededuzione integralmente e i creditori chirografari al 33%». 

Amco erogherà, una volta che il concordato sarà omologato, un finanziamento a medio termine di 12 milioni di euro entrando nel capitale di Rilancio Industrie Agroalimentari con una quota del 20% sostituendo con azioni i crediti vantati verso le società lussemburghesi azioniste di Ferrarini rispetto ai quali il gruppo Pini si è reso coobbligato. 

Il Gruppo Pini metterà a disposizione la propria rete commerciale. Pini Holding fornirà la materia prima necessaria per l’attività per un «importo che non dovrebbe eccedere i 40 milioni» e realizzerà il nuovo impianto produttivo di prosciutto cotto con un investimento di 30 milioni circa, che sostituirà quello di Rivaltella e sarà ubicato nel Reggiano. Prevista anche la vendita dello stabilimento in Polonia di Ferrarini con il ritorno della produzione in Italia. 

La proposta di Rilancio Industrie Agroalimentari è vista negativamente dalla politica. «Sull’azienda Ferrarini sarebbe criminale se un’azienda statale come Amco, società controllata dal ministero del Tesoro, preferisse l’offerta di un’azienda spagnola a scapito del “Made in Italy” – dichiarano i senatori della Lega, Gian Marco Centinaio, già ministro dell’Agricoltura e del Turismo e Giorgio Maria Bergesio, capogruppo in Commissione Agricoltura a Palazzo Madama -. Invece di sostenere la produzione italiana per contrastare il fenomeno dell’“italian sounding”, ovvero della carne straniera spacciata per italiana. Il governo valuti questa la svendita fuori dall’Italia. Ricordiamo che gli allevamenti nazionali di maiali sono stati messi in ginocchio dalla pandemia e il settore della norcineria che in Italia vale 20 miliardi. Il rischio di delocalizzazione sarebbe un duro colpo per l’Italia e il mercato italiano. Non possiamo permettercelo».

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