Scandalo del bonus da 600 euro: a breve i nomi dei politici che hanno incassato la mancetta

Cresce il numero dei consiglieri regionali coinvolti. Il garante della privacy dà il via libera alla pubblicazione dei dati Inps. Giustificazioni degli interessati pietose. Terremoto in Veneto a poche settimane dalle elezioni.

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Denaro contante livelli salariali costo della vita lavoro stipendi Inflazione e rialzo dei tassi tetto al contante

Lo scandalo morale – sul piano penale nulla da eccepire: la legge varata dal governo BisConte e dalla sua maggioranza Pd-M5s è stata scritta da analfabeti ciechi e muti – sull’erogazione da parte dell’Inps dei bonus da 600 euro anche a molti politici con ricchi stipendi pubblici (e, spesso, privati) continua a gonfiarsi e con l’autorizzazione da parte del garante della privacy a rendere pubbliche le generalità dei percettori aprirà uno squarcio su una realtà sempre più discutibile se non marcia.

E ad aggravare la situazione ci si mettono pure i diretti interessati, che con giustificazioni risibili (tipo “li ho dati in beneficienza” di un esponente toscano) ad aggravare la separazione della politica dalla realtà quotidiana dei cittadini, come riconosce pure il presidente della regione Emilia Romagna (e presidente della Conferenza delle regioni), Stefano Bonaccini, secondo cui «Eh no! Se fai beneficienza, la farai con risorse tue, non con il bonus ricevuto da risorse messe a disposizione dallo Stato. Quando la toppa è peggiore del bucoDifficile dargli torto.

Se a livello parlamentare l’elenco dei “furbetti” (ma si potrebbe tranquillamente appellarli come “malfattori”, anche se non c’è nulla di penale) è fermo ancora a quota 3 onorevoli, a livello regionale le cose ci complicano, anche in virtù del prossimo appuntamento elettorale con i vari leader che già annunciano il cartellino rosso alla ricandidatura per coloro, in carica, si sono macchiati del peccato. In Veneto emerge il caso clamoroso dei due consiglieri regionali Riccardo Barbisan e Alessandro Montagnoli e del vicepresidente della giunta regionale, Gianluca Forcolin, tutti e tre della Lega.

Furioso il governatore del Veneto, Luca Zaia, conscio che questo fatto potrebbe macchiare la cavalcata trionfale verso il terzo mandato con un cappotto storico: «faccio appello a tutte le forze politiche, è fondamentale chiarire la vicenda, perché viene meno la credibilità di tutta la classe dirigente. Se iniziamo a trincerarsi dietro alla privacy non ne veniamo più fuori. E resta questo sospetto strisciante tra tutta la comunità, e mi metto nei panni dei cittadini che potrebbero avere il sospetto quando si trovano davanti un amministratore se questo è uno del bonus oppure no, con il rischio che scatti una caccia all’untore». Quanto alla ricandidatura a settembre di coloro che hanno incassato immoralmente il bonus da 600 euro, Zaia è chiaro: «fosse per me, non li ricandiderei».

Intanto, dall’opposizione ci si gode l’inaspettato assist: il principale antagonista di Zaia, il Dem Arturo Lorenzoni, scrive che «i tre leghisti, del cerchio magico di Zaia, pizzicati ad aver richiesto e ricevuto il bonus da 600 euro dello Stato destinato ai lavoratori e alle persone rimaste prive di sostegno durante il confinamento sono una vergogna. Con il loro comportamento dato uno schiaffo a tutti i Veneti. Sono gli stessi politici che durante la crisi più nera hanno abbaiato sguaiatamente contro il governo perché non faceva abbastanza per sostenere le persone in difficoltà». «I signori Gianluca Forcolin, Riccardo Barbisan e Alessandro Montagnoli, tra i più stretti collaboratori di Zaia e nonostante indennità annuali complessive per quasi 100.000 euro a testa, si sono permessi di sottrarre il bonus da 600 euro a chi davvero ne aveva bisogno. Adesso vogliamo sapere se hanno ricevuto il bonus di aprile oltre a quello di marzo e se tenteranno di prendere i 1.000 euro previsti anche dal decreto di agosto».

Acque agitate anche in Friuli Venezia Giulia, dove sono tre i politici regionali che hanno ottenuto contributi a fondo perduto. Si tratta del vicepresidente del gruppo di Forza Italia e albergatore, Franco Mattiussi, già assessore al Turismo della provincia di Udine, – del capogruppo in Regione dei Cittadini, Tiziano Centis, e dell’ex presidente della Regione e oggi deputato del Gruppo misto, Renzo Tondo. Mattiussi, oltre al bonus statale, avrebbe ottenuto per altre società contributi di 1.400 e di 4.000 euro. Centis avrebbe incassato 700 euro di bonus regionale. Tondo avrebbe ottenuto un contributo di 4.000 euro. 

Ancora nulla dal fronte emiliano, mentre si vocifera qualcosa sul fronte trentino, anche se non c’è ancora nulla di certo.

Intanto Vittorio Sgarbi va controcorrente e attacca tutti per la doppia morale, ad iniziare dal presidente della Camera dei deputati, il grillino Roberto Fico, beccato qualche tempo fa pure lui non in regola per avere pagato la sua domestica in nero. «Chi ha percepito il bonus – spiega Sgarbiè giusto che lo restituisca. E’ una questione di dignità e opportunità, perché in quanto rappresentanti del popolo i parlamentari hanno non solo obblighi giuridici, ma anche morali. Tutti hanno diritto a indignarsi, men che meno il presidente della Camera che pagava la sua colf in nero. Una condizione che, almeno moralmente, lo rende identico ai parlamentari che hanno usufruito di bonus introdotti, peraltro, da leggi che sono passate anche al vaglio degli uffici legislativi della Camera da lui presieduta». 

Sgarbi rincara su Fico: «i miserabili che hanno chiesto il bonus da 600 euro hanno commesso un’autolesionistica leggerezza in nome di una legge che hanno votato e sulla quale Fico non ha nulla obiettato, legittimando un delitto che oggi lo indigna: dilettantismo suo e dei suoi uffici. Per questo lo sfido a dimettersi, per aver favorito con il suo “concorso esterno” l’abuso etico che oggi denuncia, e invito i tre parlamentari ad avere il coraggio, senza essere inseguiti, di dichiarare la loro identità e la loro correttezza nell’avere rispettato la legge, sfidando i sepolcri imbiancati come Fico e Di Maio che senza laurea e senza competenza percepiscono una sproporzionata indennità».

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