Toponomastica in Alto Adige, il Governo Monti dice “nein” impugnando la legge provinciale dinanzi alla Corte Costituzionale

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Mastica amaro la Svp. Festeggia la destra italiana, da sempre fiera oppositrice alla politica di annullamento della stragrande maggioranza dei toponimi italiani in provincia. Chieste la dimissioni degli assessori italiani in Giunta

La legge sulla toponomastica approvata recentemente a maggioranza dal Consiglio provinciale di Bolzano dopo una lunga diatriba politica è sospettata di violare lo Statuto di autonomia e la stessa Carta costituzionale. Il Consiglio dei Ministri presieduto da Mario Monti ha deliberato l’impugnativa dinanzi alla Corte Costituzionale della legge provinciale n. 15 del 2012 “Istituzione del repertorio toponomastico provinciale e della consulta cartografica provinciale” in quanto, recita la comunicazione ufficiale del Governo, “contenente disposizioni in materia di toponomastica in contrasto con norme internazionali e, quindi, con l’art. 117, primo comma, della Costituzione e con diversi articoli dello Statuto speciale della Regione Trentino Alto Adige”.

L’atto costituisce un passaggio di straordinario valore istituzionale e politico, teso a circoscrivere l’autonomia legislativa della provincia di Bolzano, in materia di toponomastica, nella cornice dei limiti posti dal principio assoluto ed inderogabile del bilinguismo sancito dallo Statuto. Un vincolo che alla Svp è sempre andato molto stretto. La decisione presa dal Consiglio dei ministri arriva dopo un’intensa attività di pressione da parte di esponenti altoatesini della destra italiana: i consiglieri provinciali Alessandro Urzì, Maurizio Vezzali e Donato Seppi avevano solo nei giorni scorsi incontrato sia il ministro per gli affari regionali Gnudi che il sottosegretario agli interni Ruperto per sottolineare come la legge approvata con i soli voti della Svp e del PD andasse ad incidere profondamente sulle norme fondanti l’assetto autonomistico garantite costituzionalmente. L’articolo 8 recita fra il resto in maniera inequivocabile che la Provincia ha la prerogativa di legiferare in materia di toponomastica “fermo restando l’obbligo della bilinguità”. Ogni azione tesa a restringere questo ambito di applicazione, come espressamente affermato nella legge licenziata da Svp e PD, è e va considerata illegittima. Di assoluta chiarezza, secondo Urzì, Vezzali e Seppi, l’articolo 101 dello Statuto di autonomia che afferma: “nella provincia di Bolzano le amministrazioni pubbliche devono usare, nei riguardi dei cittadini di lingua tedesca, anche la toponomastica tedesca se la legge provinciale ne abbia accertata l’esistenza ed approvata la dizione”. Si fa riferimento quindi, attraverso quell’anche (“Le amministrazioni devono usare anche la toponomastica tedesca…”), al carattere accessorio della toponomastica in lingua tedesca in aggiunta a quella italiana senza possibilità, come previsto dalla legge, che una dizione sia ufficializzata esclusivamente nella sola lingua tedesca eludendo quella in lingua italiana.

Negli incontri a Roma, Vezzali, Seppi ed Urzì avevano ribadito anche il carattere perlomeno provinciale della toponomastica. Il fatto che la legge attribuisca sulla base di un viziato concetto di uso locale ai consigli dei comprensori di valle le proposte di cancellazione di denominazioni in lingua italiana e la definizione degli elenchi ufficiali dei toponimi scardinerebbe il valore della toponomastica come patrimonio per l’appunto di valore perlomeno provinciale. Per cui ogni cittadino almeno della Provincia, se non di tutta Italia, ha diritto alla toponomastica nella propria lingua, in italiano, senza limitazioni dettate dalla restrizione del presunto accertamento su base locale. Inutile ricordare, sottolineano Urzì, Vezzali e Seppi, “che i consigli comprensoriali hanno una presenza al loro interno irrisoria di rappresentanti del gruppo italiano e sono di per sé organi le cui decisioni appaiono già viziate. Volutamente viziate. E nulla può una finta commissione paritetica come quella costituita da due italiani, due tedeschi e due ladini in cui quattro componenti su sei sono nominati dallo stesso soggetto, ossia la Svp, con pregiudizio per l’equilibrio delle decisioni”. Numerose altre sono le deduzioni, anche di più preciso profilo giuridico, presentate nei due incontri con il Governo da parte della delegazione dei consiglieri provinciali altoatesini.

Con la decisione presa dal Governo, ora la parola passa alla Consulta. Urzì, Vezzali e Seppi riservano una frecciata al PD: “se il PD voleva farci intendere di avere raggiunto un punto di equilibrio scendendo a compromessi al ribasso con la Svp su questioni di principio fondamentali, come quella del rispetto del bilinguismo, oggi il Governo ha smentito severamente questa interpretazione aprendo un conflitto istituzionale che si poteva e si doveva evitare”.

Non solo: Urzì rilancia e chiede apertamente le dimissioni dei due assessori italiani presenti nella Giunta provinciale di Bolzano, entrambi di espressione PD: “l’unico atto di responsabilità che si richiede, in questo momento, è quello delle dimissioni immediate di Tommasini e Bizzo dal loro incarico in giunta per manifesto fallimento della loro solitaria trattativa con la Svp sulla toponomastica”, oltre che “per avere tradito colpevolmente il patto di concertazione e consultazione interno ai consiglieri del gruppo italiano che avevo proposto ed al quale avevano inizialmente aderito proprio anche Tommasini e Bizzo”.

Se la Corte Costituzionale dovesse – come sarebbe logico attendersi – abrogare la legge provinciale sulla toponomastica per la Giunta provinciale di Bolzano e per la sua maggioranza Svp-PD sarebbe un ulteriore, grosso problema, dopo i numerosi scandali che stanno venendo alla luce.