CNA disapprova la decisione del Governo di prorogare lo “split payment”

Scadenza portata a giugno 2023. «Misura inutile per lo Stato, ma dannosa per le imprese per il drenaggio di liquidità».

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Continua ad ingrossarsi il numero dei contrari alla proroga a giugno 2023 del sistema dello “split payment”, ovvero la scissione dell’Iva sulle forniture allo Stato da parte delle aziende, Iva che viene versata direttamente dall’acquirente e non più dal venditore.

Nonostante i dati del ministero dell’Economia e finanze confermino che l’introduzione dell’obbligo della fattura elettronica abbia sostenuto il gettito Iva nel 2019, l’Italia ha chiesto e ottenuto dalla Commissione Europea l’autorizzazione a prorogare lo “split payment”di altri due anni fino a giugno 2023.

Il Governo aveva riconosciuto, anche nel Documento di economia e finanza per il 2020, che grazie al contributo della fatturazione elettronica il gettito IVA sugli scambi interni era cresciuto di 3,6 miliardi segnando un incremento del 3% rispetto all’anno 2018.

Era pertanto ragionevole attendersi finalmente l’abrogazione dello “split payment”, del “reverse charge” e della ritenuta dell’8% sui bonifici relativi a spese per lavori edili, dal momento che la fatturazione elettronica aveva già dato prova di realizzare un efficace contrasto all’evasione IVA.

I danni finanziari provocati alle imprese dalla proroga sono e saranno ingenti. L’IVA relativa alle operazioni di “split paymentammonta a 12 miliardi che determinano l’impossibilità di compensazione con la corrispondente IVA pagata ai fornitori: 12 miliardi che rimangono nella disponibilità della pubblica amministrazione e sottraggono preziosa liquidità alle imprese, le quali devono pure fare fronte ai ritardi nei pagamenti da parte degli acquirenti pubblici per oltre 50 miliardi di euro.

La CNA esprime «profonda disapprovazione per la decisione del Governo che non ha tenuto conto delle sollecitazioni già manifestate in passato e continuerà a sostenere e lottare per l’abrogazione dello “split payment” e delle altre misure inutili per lo Stato e dannose per le imprese». 

Un altro tassello nella direzione della progressiva distruzione del tessuto economico e produttivo a favore per una trasformazione della società italiana in un ammasso di assistiti e nulla facenti.

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