Olio di palma: cresce l’utilizzo in Italia per l’autotrazione

Secondo Legambiente i biocarburanti ne assorbono più del settore alimentare. Peccato che inquinino più del gasolio fossile per via della distruzione delle foreste.

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olio di palma

Mentre in ambito alimentare continuano le campagne contro l’impiego dell’olio di palma, viceversa il consumo sta crescendo un modo sostanziale nel campo dei biocarburanti, cui viene destinato oltre il 70% delle importazioni italiane, uno dei paesi europei che più consuma olii vegetali alimentari per l’energia, per lo più all’insaputa dei consumatori e con costi aggiuntivi, come denuncia Legambiente nel suo dossier “Più olio di palma nei motori che nei biscotti, la mappa degli impianti in Italia”. 

Secondo Legambiente, per usi energetici, in Italia si sono bruciati nel 2019 oltre un milione di tonnellate di olio di palma, 150.000 tonnellate di olio di semi di girasole, 80.000 tonnellate di olio di soia. Per la quasi totalità prodotti in piantagioni indonesiane e malesi, a danno di una delle maggiori foreste tropicali al mondo che ha perso negli ultimi vent’anni alberi e torbiere per oltre 33 milioni di ettari. Un danno, denuncia l’associazione ambientalista, incalcolabile per il clima (ogni litro di olio di palma comporta il triplo delle emissioni di CO2 di un uguale volume di gasolio fossile) e per la biodiversità (viene distrutto l’habitat di specie vegetali e animali come l’orango, la tigre e il rinoceronte) che produce, inoltre, rischi di diffusione delle nuove zoonosi. 

Legambiente mette in guardia parlamentari, governo e consumatori. «Mentre sulle confezioni o sui siti web dei prodotti alimentari o dei detergenti e dei cosmetici è riportata la loro composizione – dichiara Andrea Poggio, responsabile mobilità di Legambiente – i distributori di carburante o i produttori di energia elettrica che bruciano olio di palma lo nascondono nella migliore delle ipotesi, giustificano il sovraprezzo propagandando caratteristiche genericamentegreen”, rinnovabili o vantaggi ambientali inesistenti». 

Legambiente ha fatto qualche conto, a partire dai dati del Gestore Servizi Energetici nazionale, sui costi che cittadini e imprese si trovano indirettamente a sostenere a favore dei petrolieri per la distruzione delle foreste. Ogni automobilista italiano paga, in media, 16 euro all’anno per le cosiddetterinnovabili” nel serbatoio, una cifra complessiva di circa 300 milioni di euro nel 2019 per la sola componente olio di palma (quasi metà del biodiesel). Inoltre, cittadini e imprese, pagano nella bolletta elettrica una piccola quota aggiuntiva per i biocombustibili (che sono per il 69% da olio di palma e di soia): quasi 600 milioni di euro di sussidi attribuibili alla sola componente degli oli alimentari. 

«Poco meno di 900 milioni di euro all’anno per distruggere foreste in tutto il mondo e aumentare le emissioni di CO2 – dice Poggio -; tra l’altro in aperta violazione della nuova direttiva europea sulle energie rinnovabili che impone la comunicazione della composizione e della fonte del carburante e dell’elettricità venduta al consumatore». 

Legambiente ha recentemente scritto ai senatori della Commissione Affari Eeuropei del Senato e ai ministri dello Sviluppo economico e dell’Ambiente, inviando loro precise proposte di emendamenti al disegno di legge sul recepimento della nuova direttiva rinnovabili, attualmente in discussione al Senato, affinché pongano fine al più presto all’“inganno verde”. Bruciare olio di palma, di soia e altri oli alimentari non fa bene all’ambiente e non deve più essere sussidiato per legge: è un «sussidio ambientalmente dannoso» pagato dai cittadini senza ragione. Una petizione, lanciata dall’associazione, per l’abbandono dei sussidi legali all’olio di palma e di soia entro il primo gennaio 2021, rivolta al presidente del Consiglio Giuseppe Conte, ha già raccolto 60.000 firme (www.change.org/unpienodipalle).

Eni, il principale gruppo petrolifero nazionale, che pure nel 2019 ha importato 246.000 tonnellate di olio di palma, ha annunciato, in risposta a Legambiente all’assemblea societaria del 13 maggio scorso, che entro il 2023 abbandonerà l’uso dell’olio di palma e conterrà al 20% gli altri oli alimentari nella produzione di biodiesel. 

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