Lo Statuto dei Lavoratori compie 50 anni

Risale al 20 maggio 1970 l’approvazione della legge che ha rivoluzionato i rapporti del lavoro dipendente. Obiettivo del prossimo futuro uno Statuto dei Lavoratori europei. Paolo Farinati

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statuto dei lavoratori
Il "Quarto Stato" di Pellizza da Volpedo.

Il 20 maggio 1970 la Legge 300, che contiene “Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell’attività e della rappresentanza sindacale nei luoghi di lavoro, nonché norme sul collocamento”, più nota a tutti con il nome di “Statuto dei Lavoratori”, viene pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana e quindi da quel giorno è legge dello Stato.

È una storica conquista di Dignità del Lavoro, di Democrazia e di Libertà per tutti i Lavoratori. Dopo la Costituzione, che come ben noto all’art. 1 pone il lavoro a fondamento della nostra Repubblica, lo Statuto dei Lavoratori è il nucleo normativo più importante in tema di lavoro del nostro ordinamento. 

E’ il risultato di un percorso politico e sindacale durato parecchi decenni e nel contempo uno strumento legislativo che tiene conto delle molte trasformazioni avvenute all’interno del mondo del lavoro, soprattutto nel secondo dopoguerra. All’agricoltura, alla zootecnia e alla silvicoltura, preponderanti nel nostro Paese fino ai primi Anni ’50, ecco sostituirsi impetuosa l’onda dell’industria e dei grandi centri industriali. Una vera rivoluzione economica e sociale. Dalle categorie meno abbienti, protagoniste insostituibili di questo processo economico e sociale in costante evoluzione, sale forte la legittima richiesta di migliori condizioni di lavoro e di più equi livelli salariali. La rappresentanza sindacale all’interno delle fabbriche conquista sempre maggior potere contrattuale. Il boom economico e un primo basilare più diffuso benessere sociale richiedono leggi via via più consone alla mutata situazione nel Paese. Le norme sulla previdenza, sull’orario di lavoro, sull’occupazione minorile e femminile, contro il caporalato dei primi Anni ’50 sono sì importanti ma mancano di organicità e quindi di efficacia. 

E’ Giuseppe Di Vittorio, amatissimo e stimato segretario generale della CGIL, che nel suo accorato discorso al Congresso Nazionale di Napoli del 1952 della suddetta Confederazione, afferma con decisione che «…oggi vi è un improrogabile bisogno di uno Statuto del Lavoro e dei Lavoratori…». È un appello che la politica, seppur lentamente, fa proprio. 

Dopo la rabbia popolare, le rivolte sociali e i morti provocati dal Governo Tambroni, arriviamo nel 1963 al primo Governo di centrosinistra presieduto dall’On. Aldo Moro, nel quale spicca la figura del ministro socialista al Lavoro e alla Previdenza Sociale On. Giacomo Brodolini, già vicesegretario generale della CGIL. L’intelligenza e la sensibilità del ministro aiutano e stimolano il crearsi di una fondamentale e necessaria unità sindacale sul tema dello Statuto, ovvero tra le componenti comunista e socialista, quella cattolica e quella più moderata e laica. Brodolini arriva a costituire una specifica Commissione legislativa, affidandone la presidenza al prof. Luigi Gino Giugni, anch’egli socialista. Il lavoro della Commissione è certamente complesso, l’obiettivo è ambizioso e di enorme valenza politica, sociale ed economica. Dare un quadro legislativo preciso e condiviso sui diritti e sui doveri dei lavoratori, sull’organizzazione dei luoghi di lavoro, sulle modalità di rappresentanza e di protesta dei lavoratori, non è compito facile. 

Non dimentichiamo che nei secondi Anni ’60 l’Italia conosce forti contrapposizioni sociali, incomincia a toccare con mano il terrorismo politico, vede spargersi sangue innocente un po’ su tutto il territorio nazionale. La tensione in molte città è altissima. Ma il prof. Giugni e la Commissione riescono nella storica impresa. La Legge 300 ottiene il consenso dei partiti della maggioranza parlamentare (DC, PSI, PSDI, PRI) sia al Senato che alla Camera dei Deputati. Si astengono il PCI e il PLI, mentre votano contro i partiti di destra. Il ministro Brodolini, certamente l’artefice politico principale dello Statuto dei Lavoratori, muore nel luglio del 1969 e, quindi, non vive la soddisfazione dello storico traguardo democraticamente raggiunto. E’ il nuovo ministro del Lavoro On. Carlo Donat-Cattin, già sindacalista della CISL a Torino, a presentare con forza e con piena convinzione la legge in Parlamento. Come già detto, il 20 maggio 1970 la Legge 300 appare sulla Gazzetta Ufficiale ed è quindi Legge dello Stato italiano. 

In questi 50 anni lo Statuto dei Lavoratori è stato oggetto di molti dibattiti, ha conosciuto la controversa modifica del suo art. 18, relativo al licenziamento. Intervento che personalmente non ho condiviso e, a distanza di qualche anno, ancor più non condivido oggi. Ma ciò non scalfisce e non diminuisce il valore assoluto di grande civiltà insito negli articoli dello Statuto dei Lavoratori del 1970. 

Desidero qui onorare sindacalisti quali Giuseppe Di Vittorio, Bruno Buozzi e Achille Grandi, che soprattutto nel ventennio fascista rischiarono più volte la loro vita per difendere il lavoro e i lavoratori. Accanto a loro onore e merito alla lungimiranza e alla tenacia del ministro Giacomo Brodolini, unitamente all’intelligenza e alla capacità di mediazione del prof. Luigi Gino Giugni. 

Con la Legge 300 l’Italia intera è certamente migliorata. Ma per il lavoro e i lavoratori italiani ed europei si aprono nuove storiche sfide. L’economia globale offre sicuramente grandi opportunità al mondo intero. L’Italia e l’Europa hanno i valori, la forza e gli strumenti per far sì che l’Essere Umano e il lavoro mantengano la loro dignità e non abbiano mai a soccombere innanzi ad una competizione economica spesso solo speculativa e fortemente discriminante. Perché non iniziare a pensare ad uno Statuto del Lavoro Europeo? Le intuibili relative difficoltà si potranno superare solo mettendo in campo le nobili doti di un tempo: umiltà, rispetto, coraggio, conoscenza, visione. ”

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