Decreto “Cura Italia” o “Arrenditi Italia”?

De Bertoldi: «ancora una volta alla maggioranza del governo BisConte è mancato il coraggio e si è preferita la logica dell’assistenzialismo di sinistra a favore dei soliti noti». «Nulla per oltre 1,6 milioni di professionisti iscritti agli ordini». «Per il rilancio dell’economia serve una “moneta fiscale”». 

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Il deputato trentino Andrea De Bertoldi.

A quasi due giorni dalla presentazione alla stampa, il decretoCura Italiaè legge con la pubblicazione in edizione straordinaria della Gazzetta Ufficiale. Un testo complesso, dove dentro c’è di tutto e di più, compreso l’ennesimo tentativo di rianimare il cadavere Alitalia con ulteriori 600 milioni di euro, ma poco di quello che effettivamente serve al tessuto produttivo del Paese per non abbassare definitivamente la cler sulle attività produttive rimaste sul suolo nazionale.

Con il senatore trentino Andrea De Bertoldi, commercialista e segretario della VI Commissione legislativa Finanze e tesoro, un primo tentativo di capire l’effettiva portata del provvedimento che presta il fianco a numerose critiche non solo d’opportunità (Alitalia su tutte), ma anche di struttura.

«Da un primo esame dei contenuti della norma, emerge come più che un decretoCura Italiasia un decretoArrenditi Italia”, intriso del solito assistenzialismo tanto caro alle quattro sinistre che sorreggono il governo BisConte, privo di reale struttura per assicurare la ripresa del Paese e privo di coraggio e di lungimiranza. Bene i provvedimenti emergenziali sul fronte della sanità, ma su quello dell’economia c’è ancora molto da fareafferma il senatore De Bertoldi -. L’unica cosa positiva, che lo stesso premier Conte ha ammesso, è che questo decreto è solo il primo di una serie di provvedimenti che dovranno essere presi, soprattutto sul fronte economico se non si vuole condannare il Paesea quella decrescita felice tanto cara a Grillo e allegra compagnia».

Secondo De Bertoldi «bisogna che il governo intervenga da subito con un nuovo provvedimento più organico e strategico volto a supportare la parte produttiva del Paese, quello che produce quella ricchezza che poi serve, con le tasse, a pagare la spesa sociale e gli investimenti strategici. Al momento, oltre alla cassa integrazione per coprire la chiusura obbligatoria delle aziende, per questo settore c’è poco o nulla: solo la sospensione e il rinvio dei pagamentidegli adempimenti del mese di marzo dal lunedì al venerdì. Una cosa provocatoria, ridicola, che dice molto del pessimo modo di governare l’Italia da parte della maggioranza del governo BisConte».

Guardando al prossimo futuro, per evitare che l’Italia possa andare di male in peggio sotto i colpi della crisi da Coronavirus, per De Bertoldi «è necessario attuare tutta una serie di interventi a favore della parte produttiva del Paese, compresi quegli oltre 1,6 milioni di persone iscritte agli ordini professionali per le quali al momento non è previsto alcun sostegno pubblico. Si noti che i professionisti, per il tramite della loro associazione delle casse previdenziali privatizzate, l’Adepp, avevano chiesto al Governo l’autorizzazione ad utilizzare parte delle ingenti riserve accumulate nei loro fondi privati per sostenere i loro iscritti, senza alcun onere per la finanza pubblica, purché le somme erogate fossero esentidalla tassazione, così come è previsto per tutti i lavoratori autonomi iscritti all’Inps ai quali sarà erogato un contributo esentasse di 600 euro nel mese di marzo. Peccato che dal governo BisConte non sia giunta alcuna risposta, lasciandonel limbo una delle migliori realtà del Paese, quelle che rispondono ai bisogni della collettività e delle imprese con le loro capacità e professionalità. E’ un vulnus da risolvere al più presto, anche perché il governo ha previsto mance e mancette varie per i soliti assistiti dalla greppia pubblica, ad iniziare dai percettori del reddito di cittadinanza, cui con il decreto Cura Italiaè stato tolto pure l’obbligo di operare a favore della collettività con i lavori sociali».

Sempre in tema di interventi a favore dei professionisti iscritti agli ordini, De Bertoldi sottolinea la necessità di «eliminare la ritenuta d’acconto del 20% sulle fatture emesse, al limite dimezzarla al 10%, per lasciare nelle tasche dei lavoratori autonomi maggiore liquidità. Devo ricordare che l’applicazione di un prelievo alla fonte del 20% del ricavo di un professionista equivale ad un 60% sull’utile, pagato per di più in anticipo. Con il risultato di generare in capo ai lavoratori autonomi residui fiscali da portare a rimborso a fine anno, con il mondo delle professioni tramutate di fatto in finanziatori spuri dello Stato».

Se per la prima parte degli interventi sono stati utilizzati quasi interamente i 25 miliardi di spesa in deficit autorizzati dal Parlamento, i fondi pubblici sono oltremodo limitati e bisogna che vengano indirizzati verso la vera ripresa del Paese. De Bertoldi avanza in anteprima una proposta che sarà presentata ufficialmente da Fratelli d’Italia nei prossimi giorni: «per accompagnare le imprese ad uscire da questa crisi, è necessario agire subito su una pesante semplificazione burocratica, come quella parzialmente inserita nel decreto, accompagnata da un drastico alleggerimento fiscale sul reddito d’impresa, anche per essere attrattivi nei confronti dell’estero. Oltre a questi provvedimenti di elementare buon senso, Fratelli d’Italia propone di attivare la “moneta fiscale”. Il Paese ha bisogno di una politica economica espansiva che non si può attuare attraverso la leva monetaria causa gli obblighi derivanti dall’adesione alla moneta comunitaria Euro. Si può ovviare a questi vincoli in modo del tutto legale attraverso l’utilizzo dei crediti fiscali che lo Stato eroga a tutti gli operatori economici nazionali, dalle aziende alle partite Iva, professionisti compresi. Attraverso i crediti d’imposta, le aziende e le partite Iva possono pagare in compensazione tutti i loro oneri fiscali e tributari, compresi anche quelli previdenziali. La parte eccedente, invece di essere riportata a nuovo o chiesta a rimborso con lunghi tempi, si stabilisce che possa essere scontata presso il sistema creditizio a tassi correnti – che al momento sono molto bassi, vicini allo zero, chiosa De Bertoldiconsentendo così al mondo della produzione, dei servizi e delle professioni di incamerare liquidità preziosa. Con questo sistema, la pubblica amministrazione centrale e periferica potrebbe liquidare quell’enorme massa di crediti commerciali insoluti che ammonta a circa 55 miliardi di euro, cosa che darebbe una vigorosa boccata d’ossigeno al sistema economico nazionale, tale perfino di fare rivivere l’epoca del boom economico degli Anni Sessanta».

De Bertoldi si spinge anche ad ipotizzare un doppio binario: «credo sarebbe lecito che il sistema della “moneta fiscaleagevolasse in particolare le Pmi e il mondo delle professioni, oltre alle imprese che nel tempo hanno mantenuto la sede legale e fiscale in Italia, contribuendo alla crescita sociale ed economica del Paese. Per quelle che hanno delocalizzatoo portato la sede legale e fiscale all’estero in uno di quei paesi europei che si ostinano a fare concorrenza sleale in materia fiscale con tasse ridotte all’osso rispetto a quanto dovrebbero pagare in Italia, si dovrebbe applicare un sostegno ridotto».

A livello strategico, De Bertoldi sottolinea la necessità che «il Paese torni ad avere una seria politica industriale che stabilisca quali siano le produzioni strategiche per l’interesse nazionale, facilitando la realizzazione di prodotti che in caso di emergenze come il Coronavirus diventano introvabili in quanto reperibili esclusivamente all’estero. Credo sarebbe una risposta concreta per il rilancio dell’economia nazionale di un Italia che, dopo l’adesione ad un’Europa sempre più incapace ed inconcludente, è stata prigioniera di una sinistra priva di un reale progetto strategico, troppo prona ai dettati di Bruxelles e sorda alle esigenze del Paese e della sua parte produttiva, che governa senza mai avere vinto un’elezione negli ultimi anni».

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