Rinvenute sotto Cima Presena, a circa 3.000 metri di quota, saranno trasportate al Laboratorio di anatomia patologica dell’ospedale di Vicenza
Un team coordinato dagli archeologi della Soprintendenza per i beni librari, archivistici e archeologici della provincia di Trento, da una guida alpina e da un referente del Comitato storico della Società Alpina Tridentina (Sat) con il supporto del Nucleo elicotteri della Provincia, ha effettuato il complesso recupero di quelle che si sono rivelate due salme, probabilmente di soldati che hanno combattuto le battaglie nel ghiaccio durante la Prima guerra mondiale.
I resti, di cui erano riconoscibili parti ossee e tessuti, erano stati individuati ad inizio settimana nel ghiacciaio della Presena da alcuni tecnici della società Carosello Tonale spa intenta nella manutenzione degli impianti sciistici. Si trovavano a circa 3.000 metri di quota, a poca distanza dalla cima, e sono stati portati al cimitero di Vermiglio, in attesa di essere trasportati nelle prossime ore al Laboratorio di anatomia patologica dell’ospedale di Vicenza per tutte le analisi. “Operazioni come questa – ha commentato l’assessore alla cultura, rapporti europei e cooperazione, Franco Panizza – non fanno altro che confermare non solo che il nostro territorio è stato teatro di guerra, ma anche che le tracce del primo conflitto mondiale sono a tutt’oggi ancora molto presenti. E quindi ribadiscono la centralità del Trentino nelle iniziative che si stanno organizzando, a livello nazionale ed europeo, in vista del Centenario della Grande Guerra”.
Ad avvisare Franco Nicolis, direttore dell’Ufficio Beni archeologici provinciale, del ritrovamento sono stati i carabinieri di Vermiglio che lunedì 24 settembre hanno raccolto la segnalazione degli operai degli impianti sciistici della zona. Non è la prima volta che l’Ufficio Beni archeologici effettua interventi di recupero di resti di caduti della Prima Guerra mondiale, appartenenti ad entrambi gli eserciti contendenti, sia in contesti glaciali che non glaciali. Gli archeologi della Soprintendenza, infatti, sono in grado di effettuare prelievi di tipo archeologico, che consentiranno nelle prossime settimane di indagare minuziosamente il contesto nel quale i resti si trovano e di ricostruire le vicende che si sono susseguite nel tempo. Attraverso l’attenta osservazione di tutti i dettagli del contesto si possono recuperare dati utili alla comprensione dei fatti e in particolare acquisire informazioni che possono contribuire all’identificazione del caduto. L’obiettivo è quello di restituire l’identità ai soldati deceduti durante le operazioni belliche a distanza di quasi cento anni. Sono stati avvisati del rinvenimento sia la Croce Nera austriaca, sia il Commissariato Generale Onoranze Caduti in guerra.
Il recupero ha evidenziato che quello che inizialmente sembravano i resti di un solo soldato italiano, si sono poi rivelati essere due salme distinte molto vicine e quasi sicuramente di caduti austro-ungarici, probabilmente artiglieri, anche se le successive indagini consentiranno maggiori dettagli. Non avevano scarponi e uno dei due aveva ancora il cucchiaio infilato nelle fasce mollettiere. Le salme sono state deposte al cimitero di Vermiglio su piastra refrigerata. Nelle prossime ore dovrebbero essere consegnate al Laboratorio di anatomia patologica dell’ospedale di Vicenza. Nelle prossime settimane Andrea Galassi, direttore dell’Unità di Medicina Necroscopica dell’Ussl di Vicenza, e Daniele Gaudio, antropologo della stessa Unità, effettueranno le analisi necroscopiche per ricostruire il profilo biologico, al fine di identificare il soggetto, capire le cause della morte, l’età, e altri particolari.
La conca della Presena è stata teatro di numerosi eventi bellici. In seguito alla dichiarazione di guerra dell’Italia all’Impero austro-ungarico, nel maggio del 1915, l’esercito imperiale si ritirò su una linea fortificata in precedenza. Nelle prime settimane del conflitto, tuttavia, entrambi gli eserciti cercarono di raggiungere alcune cime più strategiche. Fu proprio la zona del Tonale ad ospitare la prima battaglia della Grande Guerra condotta su un ghiacciaio. Nel giugno del 1915, gli italiani tentarono, attraverso la conca della Presena, una manovra a sorpresa per aggirare i forti del Tonale e scendere nella val di Sole seguendo le valli di Presena e Stavel. L’8 giugno 1915 gli alpini del battaglione Morbegno risalirono la val Narcanello e raggiunsero il passo del Lago ghiacciato a 3.078 metri. Da lì in cresta, sperando di non essere visti dal presidio austriaco del Mandrone, alle prime ore del mattino del 9 giugno essi puntavano ad entrare nella conca della Presena. Un altro battaglione avrebbe dovuto attaccare il passo Paradiso salendo dal Tonale. Ma gli alpini del battaglione Morbegno vennero intercettati dalle vedette austriache, che diedero l’allarme, e quando gli italiani valicarono il passo del Maroccaro, gli austriaci erano già pronti ad accogliere l’assalto. Fu una carneficina. Allarmati dalle loro vedette, gli austriaci avevano fatto salire dalla val Presena un reparto che colpì sul fianco gli italiani, i quali tentarono ugualmente di avanzare.
La lotta per il possesso del ghiacciaio imperversò diverse ore e vide alla fine prevalere l’esercito austro-ungarico. I soldati tuttavia, vittime comuni della stessa tragedia, si comportarono in maniera molto cavalleresca e quando gli alpini si ritirarono sulle loro posizioni di partenza, gli imperiali raccolsero tutti i feriti italiani, che non sarebbero sopravvissuti a una notte in quota, per ospitarli e curarli nelle proprie tende, come loro commilitoni. I caduti furono sepolti nel cimitero di Vermiglio, paese che venne evacuato nel corso dell’estate.
Nella conca della Presena, durante il resto del conflitto non vi furono più altre battaglie di questa portata. L’ultima operazione di guerra sulle montagne dell’Adamello e della Presanella fu condotta dagli italiani il 13 agosto 1918: essa interessò i passi Segni e Ronchina, che furono conquistati dagli assalitori, e il Menicìgol, dove gli austriaci respinsero l’assalto mantenendo la posizione. Perduti i due passi, gli imperiali ripiegarono su Cima Migotti (2.402 m), che avevano precedentemente rafforzato. Intensi scontri vi furono in quei giorni anche nella conca della Presena, dove gli italiani avevano occupato Cima Presena, parte dei Monticelli e altre cime.